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SIMONA FECI

I Cartari, una famiglia di giuristi nella Roma barocca.

Abstract

Il saggio è la prima elaborazione di un’indagine in corso sui giusdicenti della magistrature criminali dello Stato della Chiesa in età barocca. Il tema si collega a una tradizione di ricerca sugli ufficiali degli antichi stati italiani che negli anni Novanta ha conosciuto una stagione molto feconda, ma che poi si è quasi del tutto arrestata malgrado nel frattempo si siano moltiplicati gli studi sull’amministrazione della «giustizia» in età moderna. Ritornare sul problema significa arricchire il questionario con ulteriori domande, le quali pongono in relazione due ambiti disciplinari: la storia sociale e la storiografia giuridica. Identificare i componenti delle magistrature, infatti, è solo il primo passo per riflettere in modo circostanziato sul profilo del giurista secentesco, lo stylus iudicandi delle magistrature criminali e le innovazioni concettuali che intervengono nella dottrina giuridica durante il XVII secolo. Si presentano a titolo di esempio le vicende biografiche di una nota famiglia originaria di Orvieto: i Cartari, i cui esponenti sono giuristi e magistrati impegnati al servizio dei tribunali criminali dello Stato della Chiesa e di alcuni stati territoriali dell’Italia centro-settentrionale. Proprio l’omogeneità di questo indirizzo, seguito sull’arco di almeno tre generazioni tra metà XVI e metà XVII circa, consente di verificare, innanzitutto all’interno del lignaggio, le permanenze e le discontinuità nel profilo del magistrato (al di là ovviamente delle strategie di promozione della famiglia stessa). Per di più, la disponibilità di un importante archivio familiare e la ricchezza dei materiali prodotti e conservati al suo interno offrono una possibilità eccellente per ricostruire in modo qualitativo le carriere dei diversi membri e la loro produzione giuridico-dottrinale. I Cartari però non sono un caso eccezionale. Anzi, i membri di questa famiglia rientrano a pieno titolo in un insieme di giusdicenti laici attivi nell’apparato giudiziario dello Stato pontificio (ma non solo), di cui ho ricostruito la carriera e sto esaminando l’attività professionale, l’eventuale produzione giurisprudenziale e dottrinale, le relazioni con altri e talora assai famosi giuristi, gli interessi culturali, attestati dalle biblioteche e dal patronage, nella prima metà del Seicento, cioè durante i pontificati Borghese, Ludovisi e Barberini.