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GIUSEPPE DI BENEDETTO

L’anfiteatro romano dell’Urbe panormita tra paradigmi congetturali e possibili palingenesi

Abstract

Come il sottotitolo del libro di Giuseppe Ferrarella (Persistenza delle forme nell'architettura della città) eloquentemente dimostra, l’indagine compiuta svela una precisa prospettiva epistemica che si focalizza su una singola parte della città, il quartiere della Loggia, il cui disvelamento di senso va a modificare il complesso del sapere del “tutto”. Una conoscenza basata principalmente sul processo cognitivo di natura abduttiva o ipotesi di retroduzione, trattandosi di una inferenza del terzo tipo. Un procedimento logico, quindi, analogo alla deduzione e all’induzione, ma che cerca di spiegare i fatti osservati inferendo la causa dall’effetto, aggiungendovi sempre dell’altro, divenendo alla fine un ragionamento che amplia la conoscenza in senso qualitativo. Una conoscenza che svela una precisa prospettiva epistemica e si focalizza talvolta sulle singole parti di un fenomeno assumendo, inevitabilmente, un carattere ipotetico-congetturale, problematico, provvisorio, certamente perfettibile e revisionabile, ma di esemplare interesse speculativo. Non a caso, i termini maggiormente ricorrenti del libro di Ferrarella sono: engramma e congetture. Sebbene l’evento edificatorio dell’anfiteatro ha avuto luogo in tempo remoto, l’engramma urbano, ovvero la sua traccia mnemonica di suggestivo valore evocativo, è riconoscibile in molteplici impronte morfologiche di tale accadimento edificatorio. E poiché, inevitabilmente, taluni eventi architettonici di così alto valore insediativo, hanno alla strega della voce e del suono, un continuo riverbero, capace di attraversare i secoli e, in questo caso, i millenni, non possiamo escludere che sia giunto il momento che l’engramma dell’anfiteatro stia passando da uno stato di rimozione e di cancellazione ad una rinascita palingenetica.