Chi ha paura di Tony Soprano? Storie di mafia in tv, tra tradizione e innovazione
- Autori: Cappello, GM
- Anno di pubblicazione: 2015
- Tipologia: Capitolo o Saggio (Capitolo o saggio)
- OA Link: http://hdl.handle.net/10447/224131
Abstract
nel più generale ambito degli studi sull’impatto delle rappresentazioni sociali nella costruzione di certi fenomeni (Moscovici 1984), la tesi che mi accingo a sostenere è che l’analisi delle fiction televisiva dedicata alla mafia può essere uno strumento molto utile per inquadrare il fenomeno «in una cornice che ne rispetti la complessità, evitando processi di enfatizzazione o di sottovalutazione della sua entità criminale e della sua pericolosità, non perdendo neanche di vista le stratificazioni retoriche che il tema possiede» (Dino 2009, p. 59). Questo inquadramento socio-culturologico può fornire importanti chiavi di lettura su come i discorsi dei media (nel nostro caso la fiction televisiva), incrociandosi con i discorsi sui media, prodotti sia dagli “addetti ai lavori” (produttori e autori televisivi, critici, studiosi e divulgatori vari), sia dal pubblico, concorrono a costruire un immaginario collettivo da cui poi trarranno origine forme, modi e finalità dell’azione sociale, ovvero modelli di comportamento, stili di vita, soluzioni. In altri termini, si tratta di vedere come la costruzione culturale della mafia partecipa, nel bene e nel male, alla costruzione del fenomeno stesso come “problema sociale”, della società ove esso si verifica, e delle politiche approntate per affrontarlo (Griswold 2004).