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CALOGERO VINCI

Architettura per l’acqua nella cultura arabo-normanna.

Abstract

Nonostante la cultura occidentale abbia sempre inteso la separazione tra mondo epigeo e mondo ipogeo come il confine tra due dimensioni contrapposte, l’evoluzione dell’uomo è anche caratterizzata proprio dai modi attraverso i quali le attività antropiche hanno trasformato l’ambiente mettendo in relazione questi due mondi per rispondere ad esigenze anche molto diverse: dalla semplice funzione abitativa ai luoghi di culto (sepolture e santuari), dall’approvvigionamento di risorse (acqua e materiali) alle opere infrastrutturali per il transito ed il trasporto, dalle opere militari e belliche a quelle difensive in generale. Certamente, il patrimonio ipogeo “nascosto” è quello che possiamo considerare più a rischio; infatti, se da sempre la tutela del patrimonio architettonico “visibile” è promossa da un’opinione pubblica che percepisce nel degrado materiale dei manufatti il rischio di una perdita irrimediabile, al contrario, la salvaguardia di tutto ciò che è occultato alla vista risulta spesso di più difficile attuazione. È il caso dell’esteso “Patrimonio Cavo” funzionale all’approvvigionamento idrico presente nella Piana di Palermo, i qanat, che costituivano le “radici” vitali di molti dei più importanti edifici e dei loro sistemi di giardini riferibili alla cultura araba e a quella normanna.