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ROSARIO SCADUTO

HAGHÌA TRIÀDA, CRETA: REINTEGRAZIONE DELLA LACUNA COME PRESENZA DELL’ASSENZA

Abstract

Il saggio intende presentare l’intervento, dei primi del sec. XX, nel palazzo-villa di Haghìa Triàda, nell’isola di Creta, per la conservazione del suo megaron. La sala possiede forma quasi quadrata, con sedili, ricoperti di lastre di gesso alabastrino, disposti nei tre lati; di fronte ad essa è una corte che la separa dall’esterno. La sala doveva avere una copertura sostenuta da pilastri di legno, che portavano le travi e i solai degli ambienti sovrastanti. Gli alloggiamenti, dove un tempo erano inseriti i pilastri di legno, risultavano perimetrati dalle lastre di gesso che ricoprivano le pareti della sala. In detti vani furono rinvenuti resti di legno carbonizzato, a testimonianza di un incendio, dovuto a un sisma che aveva distrutto il sito. Gli archeologi italiani pur avendo le esatte dimensioni dei pilastri mancanti, non vollero reintegrare la lacuna, ma lasciarono il vuoto a memoria di un volume già esistente. Negli stessi anni in cui gli italiani restauravano il palazzo di Festos e Haghìa Triàda, a Cnossos A. Evans con gli scarsi resti del palazzo, si cimentava in “fantastiche ricostruzioni” colorate. Evans, inoltre di fronte ai vani vuoti che un tempo accoglievano gli elementi lignei, non esitò a ricostruirli in calcestruzzo armato colorato. Il diverso trattamento della lacuna fra gli interventi italiani a Festos e Haghìa Triàda rispetto a quelli di Cnossos è evidentissimo. Nel confronto quelli italiani possono apparire alquanto essenziali, ma invitano alla riflessione, mentre gli interventi di Evans hanno determinato una riedificazione arbitraria e spinta, creata da pochi “supporti di colonne e da scarsi frammenti sopravvissuti”. Di fatto il vuoto che delimita la lacuna dei pilastri della sala di Haghìa Triàda è un pieno, che bene reintegra l’immagine, lasciando inalterata la materia pervenuta, anzi costituendo una nuova materia, leggibile solo con la riflessione.