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LUCA SETTANNI

Gli impasti acidi impiegati nelle produzioni dei pani tipici siciliani

Abstract

L’utilizzo dei cereali per l’alimentazione umana risale all’era neolitica, come rivelato dalla scoperta di cariossidi fossili (Toderi 1989). Gli alimenti a base di cereali sono stati fondamentali per millenni e ancora costituiscono la principale fonte nutritiva per molte popolazioni (Blandino et alii 2003). I cereali contengono i macronutrienti necessari per la crescita e forniscono anche importanti minerali, vitamine e altri micronutrienti essenziali per il mantenimento di un buono stato di salute, sebbene siano carenti in alcuni componenti quali gli aminoacidi essenziali (ad es. lisina e triptofano). Il costante consumo di cereali riduce il rischio di malattie dovute a mala-alimentazione (Topping 2007). È noto che già alcuni millenni a.C. il grano era tra i più importanti cereali coltivati nel bacino del Mediterraneo e la sua coltivazione, in seguito alle massicce migrazioni, ha subito un’enorme spansione. Grazie alla grande adattabilità delle numerose varietà di grano a differenti condizioni ambientali (valori estremi di temperatura e/o di umidità), esso è coltivato quasi ovunque per la produzione di cibi e mangimi. Le specie più comunemente coltivate per l’utilizzo nell’alimentazione umana sono Triticum durum e Triticum aestivum (Toderi 1989), rispettivamente grano duro e grano tenero. In epoca romana, la Sicilia era considerata il granaio dell’impero. In Italia vi sono notevoli differenze climatiche tra le varie regioni, in quelle centro-meridionali è principalmente coltivato il grano duro che richiede alte temperature, mentre il grano tenero, ben adattato a temperature più basse, è tendenzialmente coltivato al Nord. Tradizionalmente, il grano duro è impiegato nella produzione di pasta e il grano tenero per la produzione di pane e altri lievitati da forno quali prodotti per prima colazione o da ricorrenza. Tuttavia, in alcune regioni del Sud, soprattutto in Puglia e Sicilia, la farina di grano duro è usata da sola o in combinazione a quella di grano tenero per la produzione di pane (Quaglia 1988; Corsetti et alii 2001). Le cariossidi sono naturalmente contaminate da organismi eucarioti (muffe e lieviti) e procarioti (batteri). Le concentrazioni e proporzioni delle varie specie microbiche possono dipendere da numerosi fattori, principalmente condizioni climatiche come temperatura e piovosità, danni fisici e chimici dovuti ad attacchi da parte di insetti o muffe o dall’applicazione di insettidici, fungicidi e antiparassitari in genere. I microrganismi già presenti sulle cariossidi possono ritrovarsi anche nella farina che, non essendo una materia prima soggetta a trattamenti termici prima del suo impiego, ne costituisce il veicolo nei prodotti in fermentazione (Corsetti et alii 2007). La lievitazione biologica assume un’importanza fondamentale per le proprietà sensoriali dei prodotti finali. Questo processo può essere promosso dal lievito di birra (Saccharomyces cerevisiae) o da una miscela di lieviti e di batteri lattici che rappresenta la lievitazione naturale (De Vuyst e Neysens 2005). Quando viene favorita la lievitazione naturale, il prodotto ottenuto prende il nome di “impasto acido” (Corsetti e Settanni 2007). La moderna tecnologia dei prodotti da forno fa largo uso degli impasti acidi, grazie ai numerosi vantaggi che offrono rispetto all’uso del lievito di birra. In un lievito naturale maturo, pronto per essere usato come agente lievitante, i batteri lattici e i lieviti sono presenti, rispettivamente, in numero variabile da circa 107 a 109 unità formanti colonia (UFC)/g e da 105 a 107 UFC/g, con un rapporto, in genere, pari a 100:1 (Gobbetti et alii 2001). I lieviti sono principalmente responsabili dell’aumento del volume dell’impasto e della formazione dell’ alveolatura e partecipano marginalmente al processo di formazione della componente aromatica del prodotto finito. I batteri lattici determinano il processo di acidificazione, svolgono un ruolo fondamentale nella