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ANDREA SCIASCIA

La relativa eternità delle pietre. La lezione di Guido Di Stefano tra pensiero e azione

Abstract

Il ritratto di Guido Di Stefano ha preso forma nella mia mente, nel corso degli anni, grazie a due positive testimonianze che hanno costituito una naturale integrazione alla lettura dei suoi scritti. La prima scaturisce dai ricordi narratimi dal professore Salvatore Mario Inzerillo delle giornate trascorse – negli anni Cinquanta del XX secolo – con il professore Di Stefano in occasione di alcuni sopralluoghi a Palermo. Le visite nascevano dalla collaborazione tra Di Stefano e il comitato di redazione del nuovo Piano Regolatore Generale di Palermo nominato nel 1956. Tale attività ebbe come esito l’Elenco degli edifici di interesse storico, monumentale e ambientale, testo che costituiva, allo stesso tempo, una rotta culturale per i redattori del piano e un argine contro il quale si sarebbero dovute infrangere le onde degli interessi più biechi. Ho capito che approfondire la conoscenza di alcuni monumenti più significativi di Palermo, in compagnia del professore Di Stefano, trasformava momenti di lavoro in ermeneutiche architettoniche indimenticabili. La seconda deriva da una più recente rievocazione tratteggiata dalla professoressa Maria Giuffré nel libro dedicato alla Facoltà di Architettura di Palermo, curato da Cesare Ajroldi. Alcune delle proposizioni utilizzate dalla docente palermitana, sembrano perfettamente collimare con quella intensità di ricordi trasmessami da Inzerillo. Il nesso tra passato e presente, tra storia antica e contemporanea, produce negli scritti di Guido Di Stefano una serie di effetti nei confronti di Palermo e della Sicilia rispetto a quello che poteva essere un auspicabile futuro. Dalle prospettive sull’avvenire immaginate dallo storico è possibile misurare la profonda distanza con quanto effettivamente si è realizzato a Palermo nei decenni successivi all’approvazione del Piano Regolatore Generale di Palermo del 1962.