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DONATELLA LA MONACA

Dallo «spaesamento» alla «smarginatura». Echi ortesiani nell’Amica geniale

Abstract

Nel microcosmo narrativo della tetralogia inaugurata dall’Amica geniale di Elena Ferrante si dispiega variamente orchestrata, una sorta di sintassi compositiva in cui agisce, senza forzature o dirette filiazioni, l’eco dell’esperienza artistica di Anna Maria Ortese, in particolare delle modalità con cui l’autrice del Mare non bagna Napoli incarna nell’affresco generazionale, nelle cartografie sociali ed epocali, il vorticare complesso e misterioso delle “relazioni umane nel mondo”con il suo groviglio di istinto e ragione, protervia e martirio, abbrutimento e riscatto. E' racchiusa nella nozione straniante di "smarginatura", centrale nell'invenzione narrativa della Ferrante, una pulsione della coscienza a protendersi oltre, al di là delle spoglie estrinseche della realtà, tra le faglie più censurate dell’agire umano, laddove più vischioso e caduco è il senso dell’esistere. Risuona in quell’ “affacciarsi sul tremendo” l’eco dell’”spaesamento” ortesiano dinanzi alla “visione dell’intollerabile” generata dalla macerie del dopoguerra, quel “male oscuro di vivere” esacerbato dalle contraddizioni della Napoli dei sobborghi in cui «Capri come il mare e le altre isole sono distribuite in dose minima alla popolazione» e i bambini della città bassa tra il Reclusorio e i vicoli di Toledo, «qualche volta affogano, altre si ammalano di tifo perché non si convinceranno mai che certe zone marine ricevono i rifiuti della città ».