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GIUSEPPE GUERRERA

Un esperimento di politica urbana

Abstract

C’è un luogo dove è ancora possibile costruire una società migliore di quella attuale, dove vivere in armonia con la natura, dove costruire una città più bella di quella che abitiamo. Molti hanno immaginato questo luogo, lo hanno descritto e qualcuno lo ha persino disegnato nei particolari. Aristotele, Tommaso Moro, Fourier, solo per citare i casi più famosi. Quel luogo si chiama Utopia. Secondo Lewis Mumford esistono due tipi di utopie, l’utopia della fuga e l’utopia della ricostruzione. «La prima lascia il mondo così com’è; la seconda tenta di cambiarlo per mettersi in relazione con esso alle condizioni desiderate». L’utopia della fuga va fondata altrove, e in questo i due significati at- tribuiti alla parola coincidono, il buon posto (eutopia) è in nessun posto (outopia). L’utopia della ricostruzione ammette una realizzabilità a patto che questa venga sempre spostata in avanti «meta a cui tendere costantemente». «Insomma l’utopia come città che non potrà essere fon- data da noi ma fondare se stessa dentro di noi, costruirsi pezzo per pezzo nella nostra capacità di immaginarla, di pensarla fino in fondo, città che pretende di abitare noi, non d’essere abitata, e così fare di noi i possibili abitanti di una terza città, diversa dall’utopia e diversa da tutte le città bene o male abitabili oggi, nata dall’urto tra nuovi condizionamenti interiori ed esteriori».