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MARIA SOFIA DI FEDE

Il Monte Etna in una macchina dei fuochi del 1693 a Palermo

Abstract

Fra le celebrazioni dedicate annualmente alla santa protettrice di Palermo, Santa Rosalia, in età barocca, il “festino” del 1693, celebrato pochi mesi dopo il sisma che aveva devastato la Sicilia sud-orientale, spicca per il marcato carattere di eccezionalità che gli si volle attribuire, con l'evidente volontà di esorcizzare l'immane catastrofe che aveva colpito l'isola. Tutti gli apparati furono pensati in relazione al tema dei terremoti. Si scelse in particolare di raffigurare il Monte Etna nella macchina dei fuochi, adottando un modello per nulla inedito; d’altronde il parallelismo fra il vulcano in eruzione e una grande macchina pirotecnica riusciva di immediata comprensione, finendo per risultare addirittura scontato. In questo caso, però, la raffigurazione dell’Etna deriva da una ben diversa consapevolezza, come elemento fortemente identificativo dell’immaginario mitologico e delle peculiarità geologico-orografiche dell’isola, creatore di vita e dispensatore di morte.. Al di là della sua immagine suggestiva, tradotta nell’incisione allegata alla relazione, la macchina dei fuochi allestita nel piano del Palazzo Reale costituisce soprattutto uno degli episodi fondamentali del sistema simbolico-narrativo che, attraverso gli altri principali allestimenti, sviluppa in modo coerente l’idea sostanziale delle celebrazioni del 1693, basata sul rapporto dialettico catastrofe/Mongibello – salvezza/S. Rosalia.