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IGNAZIO BUTTITTA

“Tradizione” e tradizioni nell’opera di Mircea Eliade

Abstract

È noto come Mircea Eliade, uno tra i più interessanti e produttivi storici delle religioni del ’900, si sia interessato allo studio delle tradizioni popolari europee. Dalla leggenda di Mastro Manole alle credenze e ai riti legati alla Mandragora e a certe altre piante d’uso magico-medico, dalla stregoneria alle associazioni iniziatiche, ai testi e ai riti di questua di capodanno, numerose sono, in particolare, le sue indagini sul folklore slavo-balcanico. Basti scorrere il testo e guardare alla bibliografia della sua opera più nota, il “Trattato di storia delle religioni”, per rilevare il ruolo, tutt’altro che marginale, assegnato dallo studioso rumeno ai documenti folklorici e etnologici ai fini della ricostruzione delle relazioni fra l’uomo e il sacro così come si sono storicamente articolate, delle esperienze e dei fenomeni religiosi originari, delle “strutture fondamentali dei fatti religiosi” in relazione ai “cicli culturali” da cui dipendono. In questa sede si ricostruisce sinteticamente la ricezione dell’opera dello studioso romeno in Italia, a partire dal rapporto intellettuale che lo legò a figure eminenti del panorama di studi italiano, come Ernesto De Martino e Raffaele Pettazzoni. Si cerca, inoltre, di mettere in rilievo come ad Eliade va riconosciuto il merito d’aver dato opportuno rilievo ai fatti folklorici e, più in generale, agli studi sulle tradizioni popolari, fornendo spunto per future riflessioni sul ruolo, sull’autonomia e sul destino della ricerca folklorica, oggi spesso limitata alla sfera di analisi dell’antropologia del patrimonio.