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IGNAZIO BUTTITTA

Continuità, risorgenze, invenzioni? Sui simboli “preistorici” nel folklore contemporaneo

Abstract

I temi delle continuità culturali e delle “sopravvivenze” sono stati, nel recente passato, al centro del dibattito in ambito antropologico e storico religioso. Ritornano oggi d’attualità in relazione alla questione della patrimonializzazione dei beni immateriali, delle feste religiose “tradizionali” innanzitutto. Gli interrogativi che emergono sia circa l’utilità delle fonti storiche (archeologiche e documentali) ai fini della comprensione della realtà rituale contemporanea, sia rispetto al tema delle continuità cronologiche di pratiche e credenze, meritano infatti, dinanzi alla ormai avvenuta dissoluzione di quella che è stata definita “civiltà contadina” e ai rinnovati interessi verso il patrimonio immateriale espressi dalle comunità alla ricerca di matrici identitarie, dalle istituzioni pubbliche e dal cosiddetto “mercato culturale”, di essere ripresi sulla base di rinnovate indagini e riflessioni. Possiamo e dobbiamo ritornare a chiederci: le testimonianze materiali e immateriali del passato, anche il più remoto, possono aiutarci a comprendere ciò che osserviamo declinarsi negli attuali contesti festivi e, di converso, le odierne o appena trascorse espressioni del folklore possono contribuire a chiarire il senso di storie e di riti assai più antichi? Quali sono, sempreché ritenuti effettivamente esistenti, la natura e lo spessore di questi rapporti diacronici? I significati e le funzioni dei riti, le motivazioni e le aspettative dei devoti di ieri e di oggi hanno qualcosa in comune? Sono davvero così radicalmente diversi come si sarebbe indotti a credere considerando le distanze cronologiche e spaziali e l’indimostrabilità (in larga parte dei casi) dell’assenza di soluzioni di continuità di pratiche cultuali e rituali?