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IGNAZIO BUTTITTA

Angelo Brelich, Introduzione allo studio dei calendari festivi

Abstract

Tra le costanti che determinano la formazione e la trasformazione del pensiero calendariale e – più in generale degli orientamenti delle varie religioni – emergono i modi di reperimento delle risorse alimentari. Sono i tempi dell’accesso a queste risorse, correlati ai ritmi della natura e alle forme della produzione, che condizionano, ab origine, il primo strutturarsi del tempo festivo e dell’organizzazione sociale: «vi è un’interdipendenza funzionale tra le forme dell’esistenza economico-sociale e le forme culturali umane» (Brelich 1955:, I, 63). Nelle società preistoriche, antiche e “primitive”, tanto in quelle di cacciatori-raccoglitori quanto in quelle agro-pastorali, sono innanzitutto i ritmi produttivi e riproduttivi che, segnando la fine e l’inizio di specifiche fasi dei cicli vitali, rappresentano la fine e l’inizio di segmenti temporali qualitativamente diversi, organizzando così i ritmi della vita civile e religiosa: «nascita, crescita, maturazione, raccolto dell’alimento avvengono attraverso una serie di interventi umani e ciascuno di questi interventi disseminati a determinati intervalli lungo il ciclo annuale, dev’essere sacralmente garantito» (Brelich 1955: I, 83). Il regolare svolgimento dei processi di generazione e accrescimento è attribuito – per decisione culturale – all’intervento delle entità divine che così manifestano il loro potere. Dalla benevolenza degli dèi si vuole che dipendano, infatti, la buona riuscita della semina, la germinazione dei semi, il raccolto abbondante e i parti degli animali domestici. Eventi, questi, non a caso celebrati ciclicamente nel corso di grandi feste annuali che li inseriscono nei quadri della fondazione dell’ordine cosmico.