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IGNAZIA MARIA BARTHOLINI

Respingimenti e politiche di accoglienza orientate, bottom up, al riconoscimento delle vittime della violenza migratoria

Abstract

Negli ultimi due decenni il settore della gestione delle frontiere e della migrazione è stato caratterizzato dal crescente intreccio tra “discorsi-pratiche di controllo” e “discorsi-pratiche umanitarie” (Walters, 2011; Fassin 2010; Bartholini 2019). Mentre sono state rafforzate le strategie di controllo che impediscono gli sbarchi sulle nostre coste, permane il problema di coloro che, arrivati in Europa, mostrano segni di tortura e di violenza fisica e sessuale, e nei confronti dei quali solo da poco tempo si stanno sperimentando percorsi ad hoc di presa in carico Questo fascicolo di WeE individua, confronta e riflette sulle best practices finalizzate alla cura e all’empowerment delle stesse vittime. Intercetta, sul piano della riflessione teorica, alcuni dei contributi che si focalizzano su tematiche strettamente connesse ai processi di riconoscimento e disconoscimento delle vittime della violenza migratoria e/o che pongono in luce, attraverso la ricerca sul campo, gli elementi di criticità o le buone prassi poste in essere nelle diverse fasi dell’accoglienza sia in Italia che negli altri paesi europei. In particolare, si sofferma su: (a) Il concetto di confine, come ostacolo e limite al riconoscimento dell’altro. (b) I processi di riconoscimento della violenza migratoria. (c) I processi di affiancamento e presa in carico delle vittime della violenza migratoria. In una prospettiva squisitamente empirica, descrive alcune esperienze di professionisti diversi che operano all’interno delle strutture di accoglienza e interagiscono con i richiedenti asilo, avendo imparato on field a riconoscere i segni della violenza migrante e a concorrere alla individuazione di percorsi di sostegno ed empowerment delle stesse vittime.