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GIUSEPPE ABBATE

Sulla diede globale locale

Abstract

Con il processo di globalizzazione e la conseguente trasnazionalizzazione dei flussi economici e cognitivi si ridimensiona la percezione dello spazio e del tempo, avvicinando tra loro tutte le aree del globo, e cambia il concetto di territorio i cui confini diventano flessibili, assumendo geometrie variabili. Si affermano progressivamente un’economia e una società dei flussi che attraversano i territori seguendo traiettorie che sfuggono al controllo degli stati-nazione e sono sempre più di livello locale e globale. In questo scenario le città si configurano come nodi di un vasto sistema di reti interconnesse che nel ridisegnare le forme di organizzazione dello spazio hanno modificato il significato di centralità della città stessa. La centralità, nel senso di nuovo ruolo gerarchico assunto dalle città, non è più riferibile a una regione circostante o a un immediato hinterland ma può ampliarsi a scala globale arrivando a configurare un sistema transnazionale di città globali che prescinde dalla dimensione nazionale. Emerge, nel contempo, una crescente tensione tra la globalità dello spazio dei flussi finanziari e informativi e la dimensione fisica delle città con la loro storia e le loro caratteristiche geografiche e socioculturali. Si riscopre il ruolo strategico dei territori locali che offrono la resistenza più efficace alle forme distorte della globalizzazione economica-finanziaria. In quest’ottica il progetto locale non può che configurarsi quale azione strategica di un processo di sviluppo endogeno che non rifiuta il confronto con il globale, chiudendosi in una dimensione localistica ma cerca di affermare “dal basso” il valore competitivo del patrimonio territoriale di ogni luogo con i suoi caratteri identitari, stratificati e recenti.