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FRANCA PIROLO

La Puglia del ‘700 attraverso i racconti dei viaggiatori stranieri e il pensiero degli economisti

Abstract

Sotto l’egida e il clima riformistico dei Borboni e sulla scia del movimento illuminista che infondeva fiducia nel rinnovamento civile, politico ed economico, la Puglia, con i suoi luoghi costieri abitati da popolazioni solerti e laboriose, rappresentava una delle regioni del Regno di Napoli ancora inesplorata e sconosciuta. A cominciare dal filosofo irlandese George Berkeley all’inizio del Settecento, il susseguirsi di descrizioni odeporiche dei viaggiatori stranieri ha ampliato gli orizzonti della conoscenza delle provincie napoletane. Il Grand Tour consentiva ai viaggiatori, che si estendevano fino alle regioni meridionali più distanti dalla capitale, di scoprire di terre sconosciute, ricche di siti archeologici, sulle tracce di stimolanti fonti antiche. La Puglia, in quel periodo, diventò pertanto mèta di viaggiatori e studiosi stranieri che vi si recarono per visitare i luoghi alla ricerca della civiltà classica. I resoconti dei viaggi si estendevano anche agli aspetti economici: infatti, la descrizione dei luoghi, oltre alle scoperte archeologiche, metteva in evidenza paesaggi e risorse naturali. La produttività di queste terre ricche di piantagioni di olivi e viti, generava un’intensità di rapporti commerciali tramite le vie di comunicazione marittime grazie all’esistenza di alcuni porti ben strutturati come Gallipoli dai quali partivano bastimenti carichi di olio per l’Inghilterra e i saponifici di Marsiglia e di vino per la Francia. Per il suo apprezzabile sviluppo mercantile e marittimo, la Puglia è stata definita “l’Olanda” del Regno e non a caso rappresentava anche il luogo ideale per il risveglio della cultura e per la formazione di ceti intellettuali che diedero impulso al fermento di idee economiche.