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SEBASTIANO MANNIA

Pro sas ànimas. Forme, funzioni e simboli dei riti di questua infantile in Sardegna

Abstract

Le pratiche di questua in Sardegna, in particolare le questue rituali infantili, si sviluppano tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre, il giorno di sant’Andrea, tra Natale ed Epifania, fino a gennaio per la vigilia di sant’Antonio abate. La richiesta dei doni si esegue in uno spazio definito e riconosciuto, secondo tempi previsti e consolidati dalla tradizione, spesso è accompagnata da formule augurali tradizionali. I beni raccolti, in particolare quelli alimentari, vengono consumati dai singoli bambini e dalle rispettive famiglie o dall’intera comunità in un’ottica redistributiva. Le offerte ai questuanti non richiamano solo la dimensione sociale di questa pratica ma anche si configurano come un dono da rivolgere a entità divine e spirituali, e alle anime dei defunti (sas ànimas), allo scopo di propiziare il benessere delle persone, i cicli della vita individuale e collettiva. Se si esclude il caso della Sardegna, i giri di raccolta dei bambini nel periodo autunno-invernale sono pressoché scomparsi in tutta l’area euromediterranea. Oggi si possono osservare gruppi di fanciulli che il 31 ottobre, per Halloween, travestiti, girano per le case del proprio quartiere chiedendo “dolcetto o scherzetto”. Anche per tale ragione è interessante l’illustrazione e l’analisi delle questue infantili sarde; e se da un lato le funzioni e i sensi veicolati appaiono oggi slegati dai referenti ideologici magico-religiosi di matrice agropastorale, d’altra parte tali pratiche sono formalmente riconducibili a consuetudini proprie di società contadine e pastorali che reiterano, mutati, simboli rituali e prassi cultuali di antica origine, tutt’altro che residuali e nient’affatto inattuali.