Ricerche, Studi e Conferenze
- Autori: Gaetano Licata
- Anno di pubblicazione: 2024
- Tipologia: Curatela
- OA Link: http://hdl.handle.net/10447/666127
Abstract
È la fine. Le spinte culturali che aggrediscono il pensiero filosofico e la sua libertà naturale esprimono oggi il loro potere più vasto e irresistibile. Il deserto di cui canta l’ombra di Zarathustra non è oggi più celabile, e ci ritroviamo a pensare la fine… L’idea che un atto di pensiero impegnato come un saggio di area umanistica sia “un prodotto” da giudicare in base a parametri che sono vincolati ad una cultura di provenienza specifica, imposta e non democraticamente controllabile, l’idea che i loro autori debbano essere valutati in base alla quantità di tali prodotti e ad una collocazione editoriale che insegue la domanda culturale corrente (di livello sempre più basso), e l’idea che questo prodotto – al fine di accedere alle collocazioni editoriali più prestigiose – debba ottemperare, nel contenuto e nelle regole di composizione, a parametri internazionali uniformi preimpostati: tali idee ci pongono irrevocabilmente di fronte all’epoca di pensiero che, già a partire dal lavoro di Martin Heidegger, veniva configurata come fine della filosofia e della metafisica, con un gioco di sinonima fra i due termini che non è affatto casuale o scontato (mi riferisco in particolare alla Conferenza di Parigi del 1964 La fine della filosofia e il compito del pensiero, confluita poi nella raccolta del 1969 Zur Sache des Denkens).