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FRANCESCO PARISI

I confini della restorative justice nella più recente normativa europea a tutela della vittima: ragionevole attuazione di una victim-centred justice o inevitabile condanna al destino di Sisifo?

Abstract

La c.d. restorative justice (RJ) si inserisce a pieno titolo e in modo significativo nel processo di “riscoperta della vittima” nel sistema penale. Eppure, nonostante l’indubbia vocazione vittimo-centrica della RJ, in alcuni recenti interventi normativi europei sembra delinearsi un atteggiamento di cautela, se non di sfiducia, verso l’applicazione “su larga scala” della RJ, specie qualora il reato riguardi soggetti vulnerabili. Si tratta di apportare ragionevoli correttivi ai modelli di RJ, affinché questi possano armoniosamente congiungersi al sistema di giustizia penale e realizzare un’equilibrata victim-centred justice? O forse le cautele introdotte comportano, alla stregua di Sisifo, un appesantimento procedurale carico di sospettosa sfiducia sulla schiena della RJ, tale da farla rotolare per azione del suo stesso peso eternamente indietro, in una nascosta nicchia del sistema di giustizia penale? Il presente articolo, preliminarmente, esaminerà le potenziali ricadute della direttiva 2012/29/UE sugli attuali modelli di RJ applicati negli ordinamenti degli Stati membri, dedicando attenzione privilegiata all’ordinamento italiano; tenendo poi in considerazione i risultati delle principali ricerche sulla partecipazione della vittima nelle prassi di RJ in Europa, proverà infine a comprendere se esistano utili margini interpretativo-applicativi per rispondere in modo affermativo soltanto al primo dei due interrogativi ora proposti.