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ANDREA COZZO

F.A. Wolf, la scienza dell’antichità e noi: come possiamo uscire dal XIX secolo?

Abstract

L’Altertumswissenschaft storico-filologica di Wolf, con la sua delimitazione spazio temporale, le sue procedure tecniche e retoriche, la sua visione degli antichi come specchio degli ideali dei moderni, era un sapere accademico e al servizio della Nazione. La sua crisi attuale dipende probabilmente dal declino dello Stato-Nazione e dal processo di planetarizzazione in corso, ma anche dallo sviluppo di strumenti specialistici e di ambiti di ricerca frammentati. Questo sviluppo, solidale con la nostra società tecnocratica, ha costituito di fatto una chiusura della corporazione degli «esperti» nei confronti dell’ambiente sociale, ed ha posto in maniera forte il problema del senso dello studio dell’antichità. I tentativi di recupero del senso, come per esempio la storia delle ricezioni e la storia culturale, hanno prodotto a loro volta delle forme di proiezione specificamente accademiche, mentre altre, per esempio l’antropologia del mondo antico, rischiano di costituire una fuga dal mondo attuale. Lontano dal volere «fare antropologia con i Greci» (M. Detienne), o ricorrere alla comparazione degli antichi con altri popoli esotici per ritornare a noi (C. Calame), l’autore propone di fare antropologia con noi stessi in una comparazione tra noi e gli antichi, situandoci esplicitamente, attraverso una scrittura trasparente e non autoritaria, in funzione di un progetto sociale apertamente dichiarato. Questa operazione richiede che lo studioso contestualizzi tanto l’oggetto d’indagine quanto se stesso. Uno scopo analogo, in filologia, potrebbe essere raggiunto attraverso delle edizioni di testi informatizzate plurali, cioè delle edizioni in cui la differenza tra testo (in cui si trovano le lezioni considerate corrette) ed apparato critico (in cui sono relegate le lezioni reputate false) scompare.