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MARCO RAGUSA

Il nuovo primato dello sviluppo infrastrutturale nella riforma della pianificazione portuale

Abstract

Il d.lgs. n. 201/2016, recependo la Direttiva 2014/89/UE, si propone di “assicurare la protezione dell’ambiente marino e costiero […] tenendo conto delle interazioni terra-mare” (art. 1). La “pianificazione dello spazio marittimo” introdotta dal provvedimento, tuttavia, ha a oggetto diretto lo sviluppo e gli usi delle “acque marine”, non quelli delle “coste” e delle “acque costiere”, ove queste ultime rientrino “nelle pianificazioni urbane e rurali disciplinate da vigenti disposizioni di legge” (art. 2). Tra gli strumenti con i quali i Piani di gestione dello spazio marittimo devono, di conseguenza, coordinarsi, un posto di primario interesse è occupato da quelli di pianificazione portuale: le linee guida del 2017, a tal fine, menzionano i “Piani regolatori dei sistemi portuali” (PRSP), strumenti pianificatori contemplati dall’art. 5 l. n. 84/1994 a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 169/2016. Il “Decreto Infrastrutture”, convertito in legge nel novembre 2021, ha tuttavia modificato la disciplina dettata dall’art. 5 cit. e, oltre ad aver soppresso i PRSP, ha introdotto meccanismi di semplificazione delle procedure di pianificazione portuale il cui scopo è garantire massima celerità alle decisioni concernenti l’infrastrutturazione dei sistemi portuali nazionali. Questa riforma del quadro normativo si traduce in un profondo ripensamento degli obiettivi originari della legislazione in materia: la coerenza interna della pianificazione portuale, il raccordo armonico tra quest’ultima e la pianificazione urbanistica, la ricerca di una sinergia tra la pianificazione dei sistemi portuali e la pianificazione dei trasporti nazionali. A tale radicale mutamento di prospettiva non ha posto rimedio la recente sentenza della Corte costituzionale n. 6/2023: pur avendo pronunciato l’illegittimità di previsioni non certo marginali nell’architettura della riforma di fine 2021, la Corte sembra avere mantenuto intatto, infatti, lo spirito di fondo di quest’ultima. La relazione illustra queste trasformazioni, evidenziandone il difficile coordinamento con le riforme avviate a far data dal 2016 e la dubbia compatibilità con il quadro costituzionale anche a seguito dell’intervento della Consulta.