L'incedere lento della GR e le prime risultanze giurisprudenziali
- Authors: Maggio, P.
- Publication year: 2025
- Type: Capitolo o Saggio
- OA Link: http://hdl.handle.net/10447/690906
Abstract
Il testo offre una riflessione critica sull’introduzione della giustizia riparativa (GR) nell’ordinamento penale italiano attraverso il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, evidenziando come questa riforma rappresenti non solo un cambiamento normativo, ma una vera e propria svolta culturale nel modo di intendere la risposta al reato. Si sottolinea fin dall’inizio che il nuovo modello si fonda su una serie di coppie concettuali contrastanti — entusiasmo e misoneismo, inclusione e marginalizzazione, fiducia e diffidenza — che riflettono le tensioni presenti tra le aspettative riformatrici e le resistenze del sistema giudiziario tradizionale. Il paradigma riparativo, fortemente ispirato a fonti sovranazionali, non si limita a integrare il sistema penale, ma ne rinnova la grammatica, spostando l’attenzione dalla punizione all’ascolto delle vittime, alla responsabilizzazione degli autori del reato e al coinvolgimento della comunità nella ricomposizione del danno. Centrali sono i principi di volontarietà, riservatezza, accessibilità universale e tutela delle garanzie processuali, con il divieto esplicito di effetti sfavorevoli per chi partecipa ai percorsi riparativi. La riforma ha previsto che l’accesso ai programmi sia possibile per qualsiasi tipo di reato e in ogni fase del procedimento, anche in esecuzione, e ha introdotto la novità della riparazione simbolica, affiancata a quella materiale, riconoscendo che il risarcimento del danno non sempre corrisponde alle esigenze emotive e relazionali delle vittime. Tuttavia, l’attuazione concreta ha incontrato ostacoli significativi: ritardi nell’istituzione dei Centri di giustizia riparativa, incertezze interpretative e decisioni giurisprudenziali che, in alcuni casi, hanno negato l’accesso ai programmi, soprattutto ai detenuti in regime 41-bis, in contrasto con lo spirito inclusivo della riforma. Alcune pronunce hanno inoltre considerato il mancato raggiungimento della mediazione come violazione grave della messa alla prova, configurando un effetto in malam partem vietato dalla legge, rivelando una difficoltà del sistema a comprendere la natura autonoma e non sanzionatoria della GR. Al centro del dibattito vi è anche la questione del diritto all’informazione: l’omissione dell’avviso sull’accesso ai programmi potrebbe configurare una violazione del diritto di difesa, con possibili conseguenze invalidanti, come riconosciuto da alcune pronunce della Cassazione e del Tribunale di Grosseto. Il ruolo del giudice, in particolare, è delicato: l’art. 129-bis c.p.p. gli attribuisce il compito di disporre l’invio ai programmi sulla base di una prognosi di utilità e sicurezza, ma senza invadere la sfera riservata ai mediatori, che devono valutare la fattibilità concreta dell’incontro. Nonostante le zone d'ombra la GR è descritta come un’opportunità per costruire una pena più umana, dialogica e “sensata”, capace di affiancare, senza sostituire, il processo penale, e di superare il paradigma retributivo attraverso la fiducia, il riconoscimento reciproco e la dignità delle persone coinvolte.