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ANGELO TROIA

Declino degli ambienti umidi in Sicilia: primo elenco delle zone scomparse

Abstract

Questo lavoro fornisce un resoconto preliminare degli ambienti umidi (aree lacustri, stagni permanenti e temporanei, pantani salmastri o d’acqua dolce, spesso indicati coi nomi vernacolari “gorgo”, “biviere”, ecc.) presenti in Sicilia fino a pochi secoli o decenni fa. I dati di questa ricerca - desunti sia da resoconti sulle bonifiche a scopo agricolo e per la lotta alla malaria sia dalla letteratura botanica, storica e geografica - evidenziano un numero sorprendentemente elevato di corpi idrici ed enfatizzano l’importante ruolo giocato dagli alvei e dagli estuari dei fiumi nella dinamica e ricchezza complessiva delle aree inondate del passato. Questi ecosistemi hanno svolto un ruolo cruciale come stepping stone per numerosi organismi (es.: piante, alghe, uccelli, anfibi, molluschi, crostacei e insetti) acquatici e igrofili, un tempo decisamente più comuni sull’isola ma oggi spesso minacciati o persino estinti a livello regionale. Nel corso degli ultimi secoli questi ambienti sono stati “bonificati”, cioè profondamente trasformati attraverso interventi di drenaggio e/o interramento, dalla deviazione e regimazione dei corsi fluviali, dall’eccessivo sfruttamento della falda con la conseguente scomparsa o salinizzazione delle acque. Ciò ha comportato la forte riduzione e l’alterazione spesso irreversibile di interi ecosistemi, come le torbiere d’alta quota e numerosi pantani costieri, scomparsi ormai da tempo insieme al loro ricco patrimonio biologico. Stessa sorte è toccata a molti ambienti umidi delle isole satelliti, “vulnerabili per natura” per le loro ridotte dimensioni, l’isolamento e l’estrema localizzazione. Altre zone acquitrinose sono state cancellate dall’urbanizzazione (Palermo, Catania, Trapani, Messina) o dall’industrializzazione (Gela, Milazzo, Augusta-Melilli-Priolo Gargallo, Termini Imerese), dalle bonifiche e/o dall’intensificazione delle pratiche agricole (es.: Piana del Simeto, Calatino, Piana di Gela, pianure costiere fra Termini Imerese e Campofelice di Roccella, fra Acate, Comiso e Vittoria, fra Scicli e Ispica, fra Pozzallo e Pachino e fra Castelvetrano e Menfi). Molti di questi ambienti sono scomparsi prima che fossero studiati dai biologi. Le prime analisi sulla toponomastica regionale rivelano la grande abbondanza di aree umide anche nell’entroterra. La scarsa attenzione e memoria di questi luoghi è sottolineata dalla scarsezza delle informazioni disponibili e dalla difficoltà di localizzare correttamente molti di essi. Una valutazione a posteriori delle bonifiche effettuate fra il XIX e il XX secolo pone in risalto le contraddizioni delle dichiarate finalità agricole e sanitarie (lotta alla malaria) di tali interventi ed il loro parziale fallimento nel medio termine. Viene inoltre denunciata la prosecuzione delle bonifiche e manomissioni indiscriminate degli ambienti lentici in barba a leggi e regolamenti vigenti e a dispetto di direttive e convenzioni internazionali. Si accenna infine alle poche best practice finora realizzate a favore degli ambienti umidi siciliani, volte ad una loro tutela dinamica e valorizzazione, e alla possibilità concreta di ripristinare alcuni dei ghost pond di maggiore interesse.