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DOMENICA SUTERA

L’abside in facciata: soluzioni “antisismiche” del XVIII secolo in Sicilia

Abstract

Nel corso del Settecento vennero progettate e costruite in Sicilia facciate chiesastiche caratterizzate da conformazioni curvilinee. Forme convesse e concave, posizionate in corrispondenza del partito centrale della facciata rendono queste strutture assimilabili alle absidi. Scelte di natura estetica hanno inizialmente innescato fenomeni emulativi sulla base della ricezione dei modelli diffusi dalla seconda metà del Seicento in Sicilia dalle incisioni riproducenti le facciate inflesse prodotte dai maestri del Barocco romano. Finora l'interesse verso questi modelli è apparso lo schema interpretativo più pertinente per spiegare gli indirizzi progettuali dei maggiori artefici operanti nel Settecento in Sicilia. Sembra però plausibile ipotizzare che la preferenza per le facciate sinuose derivi, in alcuni casi particolari, anche da una riflessione incentrata sulla potenza di queste strutture soprattutto se sottoposte all’azione dei terremoti, violenti e frequenti nell’isola dal Medioevo e per tutta l’età moderna. Obiettivo di questo studio è dimostrare l’efficienza statica delle facciate con andamento curvilineo, una forma probabilmente riconosciuta dai progettisti tra gli elementi che concorrono a determinare la stabilità degli edifici. Si cercherà di capire se dietro ragioni di carattere estetico e di linguaggio si cela anche un dibattito incentrato sui vantaggi strutturali offerti da questa tipologia di facciata, in grado di condizionare le forme e i progetti della ricostruzione. In questo contesto Giovanni Amico, Giovanbattista Vaccarini e Rosario Gagliardi hanno di fatto imposto al cantiere siciliano del Settecento facciate dall’andamento concavo-convesso, un interesse che si è rivelato comune ai tre architetti siciliani, come dimostrano le fonti d’archivio. Non deve essere infatti sfuggito agli architetti siciliani del primo Settecento il fatto eccezionale che alcune absidi (come quelle normanne della cattedrale di Catania) avessero superato indenni più o meno catastrofici eventi sismici subiti dall’isola nel corso dell’età moderna (1542, 1693, 1726). L’osservazione di queste strutture ancora elevate in un contesto di macerie all’indomani del terremoto avrà avuto un certo impatto per chi si apprestava a progettare nuove fabbriche monumentali e durature in un territorio a rischio sismico. La documentazione emersa e quanto prodotto nella storia costruttiva siciliana permettono di dimostrare che l'assunto, di fatto mai codificato, secondo cui la forma architettonica fosse in grado di cooperare attivamente alla sicurezza sismica rientrasse tra i saperi costruttivi di generazioni di architetti e di maestri d'età moderna attivi in tutto il territorio isolano. Taluni testimoni oculari di terremoti riconoscevano alla storia un fondamentale ruolo “operativo” e, nelle opere superstiti, una preziosa eredità, riferita agli aspetti tecnici ma anche formali della costruzione, da recuperare e ottimizzare in senso antisismico nelle opere future. Gli architetti e i maestri costruttori siciliani del Settecento conoscevano il concetto di effetto “balestra”, ovvero la rotazione impressa sulle facciate dalla moltiplicazione delle spinte delle arcate longitudinali interne, amplificate in occasione di terremoto, che ne provocava il ribaltamento e il collasso, come si evince dal noto documento di censura alla proposta per la nuova facciata del duomo di Modica (1761). Questo effetto però interessava per simmetria le absidi, collocate cioè dalla parte opposta delle facciate, strutture che invece, come ricordato, rimanevano talvolta illese grazie alla particolare geometria curvilinea adottata. Molte facciate “absidate” del Settecento siciliano nascono su fabbriche preesistenti e più o meno pregiudicate dalla catastrofe sismica, celando la dipendenza tra il terremoto e la progettazione di queste strutture in rapporto alla valutazione su quanto era in generale sopravvissuto, sulla sua qualità costruttiva