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ANDREA SCIASCIA

All’ombra dei platani. Palermo: il tramonto delle “good manners” e i nuovi progetti

Abstract

Riflettere sulla propria città è un compito arduo perché la quotidianità confonde la percezione dell’insieme e delle singole parti. Tutto si mescola quando l’osservazione avviene in modo distratto da prospettive casuali. La “messa a fuoco” richiede una distanza e solo grazie ad una misura corretta, è possibile distinguere le figure presenti. La struttura urbana può mostrarsi in maniera progressiva più chiara sommando delle viste alla lettura di alcune pagine. Una selezione di libri1 e di panorami è un modo per diradare la nebbia della routine; un “girare intorno”, come pratica per decantare l’occasionalità giornaliera. Giungere a tale presa di coscienza produce, in un secondo momento, un reale avvicinamento, trasformando l’allontanamento in una immersione. Nel caso di Palermo si possono porre sul tavolo una serie di volumi e sostare su alcune alture che, a “corona”, limitano la piana su cui si distende la città. Leggere e osservare dall’alto sono modalità per inquadrare il tema e, insieme, costituiscono la premessa per avviare una riflessione. Limitando al massimo le due pratiche, ci si immagina lungo la Scala vecchia tracciata sul versante sud di Monte Pellegrino, che giunge sino al Santuario di Santa Rosalia2, avendo con sé Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Perché Monte Pellegrino e perché Il Gattopardo? Indubbiamente, di primo acchito, due scelte banali e consunte; in realtà, ancora valide a stimolare possibili ermeneutiche. Il primo limita ad est la Piana dei Colli e costituisce un baluardo geografico straordinario che connota in modo indissolubile la città. Nelle raffigurazioni di Palermo, il Monte è l’alter ego della planimetria del nucleo antico diviso in quattro Mandamenti. Al segno a croce, disteso sul suolo, corrisponde in molte vedute, in maniera altrettanto caratteristica, la sagoma del «promontorio più bello del mondo», secondo la definizione datane da Wolfgang Goethe. Per la conoscenza di Palermo Monte Pellegrino consente, dai suoi versanti, più punti di vista permettendo di inquadrare la parte storica e quella contemporanea. Il Gattopardo, superando i luoghi comuni e anche il famoso “rifiuto” di Elio Vittorini, permette una differente percezione del luogo, rispetto a quella offerta da Monte Pellegrino e anche una interpretazione immaginaria. Tomasi di Lampedusa scrive: «Due o tre giorni prima che Garibaldi entrasse a Palermo mi furono presentati alcuni ufficiali di marina inglesi, in servizio su quelle navi che stavano in rada per rendersi conto degli avvenimenti. Essi avevano appreso, non so come, che io posseggo una casa alla Marina, di fronte al mare, con sul tetto una terrazza dalla quale si scorge tutta la cerchia dei monti intorno alla città; mi chiesero di visitare la casa, di venire a guardare quel panorama nel quale si diceva che i Garibaldini si aggiravano e del quale, dalle loro navi, non si erano fatti un’idea chiara. Di fatto, Garibaldi era già a Gibilrossa. Vennero a casa, li accompagnai lassù in cima; erano dei giovanottoni ingenui malgrado i loro scopettoni rossastri. Rimasero estasiati dal panorama, dall’irruenza della luce; confessarono però che erano stati pietrificati osservando lo squallore, la vetustà, il sudiciume delle strade di accesso. Non spiegai loro che una cosa era derivata dall’altra, come ho tentato di fare a lei. Uno di loro, poi, mi chiese che cosa veramente venissero a fare, qui in Sicilia, quei volontari italiani. “They are coming to teach us good manners” risposi “but wont succeed, because we are gods”. “Vengono per insegnarci le buone creanze ma non lo potranno fare, perché noi siamo dèi”. Credo che non comprendessero, ma risero e se ne andarono». Tuttora affacciarsi, da una terrazza del nucleo antico in prossimità del mare, regala una serie di panorami straordinari che comprendono, ruotando progressivamente di 360°, il mare e l’orizzonte, la corona dei