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PIERFRANCESCO PALAZZOTTO

Tradizione e rinnovamento nei primi apparati decorativi barocchi in stucco di Giacomo Serpotta a Palermo (1678-1700)

Abstract

Il testo rilegge in maniera originale una questione centrale, pertinente alla prima fase produttiva dello stuccatore Giacomo Serpotta (1678-1700), il principale scultore barocco siciliano, cioè quanto l'artista fosse da considerarsi una meteora nell'ambito del contesto locale, e di conseguenza del tutto disincagliato da quello (come voleva molta della letteratura artistica opportunamente citata che lo ascriveva alla categoria del genio), o se fosse possibile un'interpretazione diversa. I diversi fronti presi in esame, la tradizione e l'innovazione nell'opera di Serpotta, sono esplicati con un costante rimando alla letteratura periegetica più remota, spesso tralasciata, che talora aveva proposto alcuni acuti spunti esegetici. Lo studio ha, però, cercato di osservare gli apparati plastici serpottiani anche alla luce della nuova documentazione e proponendo riflessioni e nuove linee di ricerca originali. Si è cercato di dimostrare come lo scultore si sia mosso come un abile rinnovatore delle tradizioni plastica e figurativa siciliana, a partire dai cosiddetti "marmi mischi e tramischi", inoculate di uno spirito animato dalla conoscenza, forse diretta, del barocco romano, fin dalla prima opera documentata, l'oratorio di S. Mercurio (1678). Centrale nello sviluppo dei suoi apparati si ritiene sia stato l'apporto dell'architetto Paolo Amato, di cui si avanza anche l'attribuzione per la progettazione decorativa dell'oratorio del Rosario in S. Cita tramite anche l'individuazione chiara del riferimento figurativo per la controfacciata con la Battaglia di Lepanto: gli apparati funebri per Filippo IV di Spagna nella Cattedrale di Palermo (1666). In relazione alla riproposizione di questa iconografia si propone un'inedita rilettura in chiave contemporanea, legata cioè alla battaglia di Vienna del 1683, insieme all'individuazione di alcuni modelli figurali, presumibilmente utilizzati dal Serpotta, che guardano dal un lato alla scuola scultorea locale, dall'altro a Roma, come il nascosto e non noto riferimento all'intervento di Bernini nell'Ares Ludovisi.