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ALICE GIANNITRAPANI

That’s all, folks. Guerriglie e strategie di fine puntata

Abstract

Se i titoli di testa delle serie tv stanno vivendo, insieme ai loro testi madre di riferimento, un’epoca d’oro, con sigle sempre più curate che ammiccano a un fan affezionato, lo stesso (forse) non può dirsi per i titoli di coda, peritesti tradizionalmente deputati a porre fine alla puntata. Punti ibridi tra l’interno e l’esterno dell’episodio, rappresentano spesso momenti ideali per alzarsi, ben poco attratti da uno schermo nero su cui si susseguono, senza soluzione di continuità, elenchi di nomi sconosciuti ai non addetti ai lavori, fornitori, sponsor, ringraziamenti, citazioni. A maggior ragione se fruiti su piattaforme non lineari, meglio scorrere le puntate in successione senza noiose interruzioni, senza inutili informazioni. Eppure i titoli di coda rappresentano l’altro lato della cornice, vanno simmetricamente a chiudere (e dunque a valorizzare) quell’apertura di puntata inaugurata con la sigla. Sono il marchio della fine dell’episodio. Possono rappresentare un momento di transito, di riflessione, a volte di sanzione sullo spettacolo appena visto, un ritorno al qui e ora della visione, un rituale di fruizione da non perdere. I titoli di coda sembrano essere quella frontiera ambigua e incerta della fine, momento di sospensione che precede una più o meno imminente ripresa. E in quanto frontiera, si configurano come terreno di incontro e di scontro in cui diverse voci prendono posizione. Esigenze produttive, distributive, di fruizione li tirano da un lato e dall’altro, ora allungandoli infinitamente ora cancellandoli programmaticamente: da strumento di valorizzazione del prodotto finzionale, i titoli di coda possono diventare un noioso intralcio per il fruitore seriale o un pericoloso ostacolo per il distributore che mira al binge watching compulsivo. Ed ecco allora emergere nuove tattiche, che mirano a ravvivare questo microgenere testuale, inserendo anticipazioni, tagli, commenti, sorprese.