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STEFANIA CROBE

Rendere sensibile, rendere visibile. Le pratiche artistiche tra confini territoriali e disciplinari

Abstract

Ripensare oggi un futuro per le aree interne significa in primo luogo decostruire l’idea di perifericità e di marginalità cui esse hanno rimandato per un lungo periodo (Decandia, 2016). Una decostuzione che si compie adottando un nuovo sguardo, un ripensamento creativo e generativo dei territori in cui linguaggi sensibili e razionalità estetiche agiscono come dispositivi di trasformazione. Molte di queste aree sono oggi l’incubazione di un rigoglioso sottobosco in azione, terreni in cui pratiche artistiche e culturali agiscono facendo della perifericità il fulcro della sperimentazione. Attraverso l’arte contemporanea queste pratiche incidono nei territori innescando dei processi critici di comprensione delle realtà, dando vita a corpi amorfi, costruendo nuovi immaginari attraverso la decostruzione e ricostruzione di collettività e comunità, di un senso comune, re-incantando e aumentando il senso delle possibilità attraverso esercizi immaginativi (Sandercock, 2000). Tra queste Latronico, nel Parco Nazionale del Pollino, con ArtePollino e A cielo Aperto, appare come una interessante fucina di sperimentazione sull’arte pubblica agendo come dispositivo conoscitivo del territorio per recuperare una dimensione di socialità e una coscienza del luogo attraverso l’esperienza sensibile e l’azione creativa. Esperienze in cui dimensione istituzionale e informale, approccio top down e bottom up si fondono.