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EMMA VITALE

Palermo e Santa Lucia siracusana

Abstract

Nella Sicilia paleocristiana, il culto della martire dioclezianea Loukìa conosce una notevole fortuna nei primi secoli del Cristianesimo, tanto da varcare i confini dell’Isola e da estendersi nel Mediterraneo occidentale e orientale; molto si deve, in questo senso, all’opera pastorale dei pontefici, sin dalla fine del secolo IV. Anche Palermo partecipò della promozione del culto della martire, come attesta la fondazione gregoriana di un cenobio latino dedicato ai santi Agata e Massimo in Lucuscanum; è ben nota, infatti, la connessione tra le due sante Lucia e Agata, testimoniata non solo dai ben noti luoghi dei testi agiografici, ma anche dalle innovazioni nella liturgia introdotte dal papa Gregorio I. Dopo i secoli del dominio arabo, la figura di Lucia compare nel ciclo dei mosaici della Cappella Palatina di Palermo (1130-1143), e al regno di Guglielmo il Buono risale la più antica menzione di una chiesa extramuranea di S. Lucia che, come già dimostrato dal Mongitore, coincide con quella ricostruita nel 1600 dal vicerè Maqueda nell’omonima borgata marinara di S. Lucia al Borgo (oggi nota come “Borgo Vecchio”) che, fino ai devastanti bombardamenti del secondo conflitto mondiale, costituì un elemento peculiare del paesaggio urbano del Borgo. La continuità del culto è attestata per tutto il tardo medioevo e gli inizi dell’età moderna dagli atti notarili relativi alle donazioni. Dalla devozione a Lucia non è esente, a partire dal tardo Medioevo, il fenomeno confraternale; sono ancora i donativi testamentari che certificano il ruolo di primo piano svolto dall’Ospedale di Santa Lucia del Cassaro. Nella cattedrale normanna, consacrata nel 1185, prima dei rifacimenti del 1781-1801 una cappella era interamente dedicata alla Santa, e un posto di rilievo occupava il simulacro marmoreo di Lucia nella monumentale tribuna gaginiana (1510-1574) che rivestiva l’area absidale.