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LICIA SIRACUSA

L'imprenditore estorto "acquiescente" tra coazione morale e libertà del volere

Abstract

Abstract La varietà dei comportamenti che gli studi socio-criminologici individuano come peculiari dell’agire mafioso si riflette in maniera significativa sui modi di manifestazione delle tipologie di reato tradizionalmente proprie della criminalità organizzata di stampo mafioso, come le estorsioni. In questo ambito infatti, i contorni delle condotte di autori e vittime divengono talvolta tanto sfumati da complicarne l’inquadramento entro le categorie del diritto penale. Questo saggio, valorizzando gli esiti di una ricerca multidisciplinare sulle dinamiche del fenomeno estorsivo di matrice mafiosa nel meridione di Italia, intende per l’appunto individuare i punti di “contatto” e i punti di “frizione” tra discorso giuridico e discorso sociologico sulla posizione delle vittime dell’estorsione mafiosa. In particolare, a partire dalla figura del c.d. “imprenditore acquiescente”, il contributo: a) ricostruisce il tipo di interazione rinvenibile tra le condotte c.d. imprenditori “acquiescenti”, da un lato, ed il “metodo” utilizzato dalla mafia nell’attuazione della pretesa estorsiva, dall’altro lato; b) verifica la possibilità — ossia la “tenuta teorica”, alla stregua dei “dogmi penalistici” — di attribuire una qualche rilevanza penale ai “motivi” che determinano le scelte di comportamento delle vittime (o presunte tali); c) analizza la prospettiva di valorizzare il ruolo che i suddetti motivi svolgono ai fini di una diversa qualificazione penalistica della condotta dell’estorto, che potrebbe così passare dall’essere considerato “soggetto passivo” del reato di estorsione al venire addirittura eventualmente sanzionato.