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ETTORE SESSA

Grand Café Faraglia, piazza Venezia, Roma, 1906, Ernesto Basile

Abstract

GRAND CAFÈ FARAGLIA, piazza Venezia, ROMA 1906, Ernesto Basile Realizzato nel 1906 a Roma, il Grand Cafè Faraglia (già in piazza Venezia) è una delle opere esemplificative del successo e del credito, a livello nazionale, conseguito da Basile a ridosso del formalizzarsi della sua ricerca di un “ordine moderno”, successiva alla sua fase modernista di orientamento astilo (1902-04). L’arredo sarà premiato alla prima edizione del concorso annuale per “Nuovi Negozi” concepiti con “artistico buongusto” e “carattere spiccatamente moderno”, istituito nel 1908 dalla Società degli Architetti di Roma (con il sussidio del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio). Questo prestigioso esercizio di ristorazione si sviluppava in tre ambienti principali, più uno secondario; l’arredo consisteva in altrettante configurazioni compositive intonate ad un comune impalcato progettuale e stilistico. La logica degli ordinamenti degli arredi dei tre grandi ambienti del Faraglia è svelata dalla compatibilità delle costruzioni compositive dei rispettivi soffitti, i cui orditi delle travature sembrano richiami, in proiezioni iposcopiche, dell’organizzazione dei singoli arredi. I compatibili, ma diversificati, caratteri compositivi di questi soffitti riverberano la logica combinatoria della nuova formula di arredo proposta per questa riformata categoria di esercizio commerciale. Il sistema dei soffitti del Gran Cafè Faraglia viene disegnato nel 1906, ma risulta datato 1907 nell’album monografico di disegni di Basile pubblicato a Torino nel 1911 dall’editore C. Crudo & C.; vi figura nella tav. 19, unitamente alle sezioni con gli alzati della parete maggiore della caffetteria e sala da tè con pasticceria e della parete minore con vano di ingresso della sala ristorante. Nella sala ristorante, di maggiore estensione rispetto agli altri ambienti, l’accentuato sviluppo rettangolare è esaltato dal dinamico contrasto tra la ritmica scansione trasversale della travatura e le due fasce laterali, definite da una doppia coppia di travi ad andamento longitudinale, che intercettando le trasversali ritagliano due fasce di cassettonato a riquadri (con composizioni decorative centriche), allusive della disposizione sottostante di arredi fissi e mobili. Nella sala da tè e pasticceria, il soffitto presenta una specchiatura centrale incorniciata da una travatura maggiore a turbina, con terminazioni ammorsate a pseudo bulzoni. Questo sistema primario è raccordato alla cornice del fregio continuo parietale da un cassettonato di componenti quadrangolari, anch’essi con elementi disposti a turbina. Un disegno di soffitto, quindi, allusivo della delimitazione virtuale, a mezzo dei banconi e della cassa (antistanti a vetrine e scaffalature), di uno spazio centrale del salone destinato ai tavolini. L’ambiente d’angolo mediano, infine, è sistemato in modo da esaltare il suo ruolo di cerniera dell’intero complesso di arredi, neutralizzando contemporaneamente la forma pentagonale irregolare, ma simmetrica, della sua pianta e la non ortogonalità degli altri due ambienti. Una doppia corsia diagonale di tre travi, disposta a bisettrice dell’angolo acuto, descrive un cassettonato centrale, scandito da una fitta travatura minore normale alle travi, ed è intercettata da una coppia di travi ad arco di circonferenza. Queste ritagliano una porzione circolare di soffitto, replicando l’andamento circolare della sottostante buvette. A testimoniare il nuovo corso, per Basile, del rapporto fra architettura e arte, nella fascia alta delle pareti della sala ristorante campeggiano, isolate, le vezzose coppie muliebri dipinte da Giovanni Mario Mataloni; rappresentate dal già celebre pittore e illustratore romano con decadente ieraticità liberty e, al tempo stesso, con sensuali sembianze neopompeiane, esse commentano le cadenze speculari primarie del grande ambiente, senza tuttavia instaurare alcun palese rapporto con l’arredo.