Skip to main content
Passa alla visualizzazione normale.

ANDREA SCIASCIA

Architettura e paesaggio tra forma e tempo

Abstract

Tra formazione e professione vi è la necessità di instaurare un rapporto continuo senza costringere la didattica ad un adeguamento acritico. Pensando, cioè, che quest’ultima, come un sismografo, debba seguire qualunque oscillazione proveniente dal mondo del lavoro. Nel verificare delle esigenze e nell‘apportare delle modifiche ai contenuti della formazione vi è un comprensibile attrito, perché in architettura vi sono dei principi immutabili. Per questi “enunciati base”, così definiti da Aldo Rossi, si immaginano degli urti o, se si preferisce, degli strappi, provenienti dall’esterno, e quasi mai dalla stessa università. In negativo, invece, si nota di primo acchito come la divisione in settori scientifico disciplinari possa costituire, di per sé, una delle prime cause di infrazione di un corretto apprendistato. Tale circostanza si verifica ogni qualvolta si separa, si frantuma, un sapere unitario senza poi preoccuparsi di ricomporre, quel quid che resta costante al trascorrere del tempo. Si realizza, laddove non dovrebbe mai accadere, una vera contraddizione in termini. All’affermazione precedente, di carattere generale, segue una riflessione sulle ragioni che dovrebbero rendere evanescente il confine fra la progettazione architettonica e quella del paesaggio, giudicando esiziale basare una loro in- compatibilità sulla questione dimensionale e, quindi, sulle scale d‘intervento. Si ritengono più idonei per affrontare il tema, due altri aspetti: quello della forma e del tempo e cercare di comprendere in che modo sono interpretati.