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ANDREA SCIASCIA

Palermo, Giovan Battista Nolli e una pianta del verde

Abstract

L’infezione su scala globale, generata dal virus SARS–Cov–2, ha evidenziato questioni inevase da qualche tempo causate dagli effetti di un costante ed inesorabile processo di inurbamento e dalla conseguente difficile interazione tra centri urbani e campagna. Rispetto alla prima questione con la pandemia sembra, per la prima volta, dalla rivoluzione industriale, alterarsi la “gravità terrestre” dando vita ad una dinamica che modifica quel movimento a senso unico verso i grandi centri. Si profila una nuova e differente dispersione che scaturisce dalla esigenza di vivere in luoghi più salubri preferendo abitazioni forse non necessariamente unifamiliari ma incluse in sistemi insediativi lontani dalla consueta e caotica densità urbana. Se da considerazioni a carattere generale, si passa al caso specifico di Palermo, si prospettano – rispetto alle molte situazioni irrisolte – una serie consistente di attività di studio cui si collegano progetti mai attuati. Cosa c’è di ignoto in una città molto indagata come Palermo? E, soprattutto, da quale punto di vista la città può mostrare alcuni lati ancora oscuri? Se le attività di rilievo proponessero in modo nuovo la chiarezza con cui Giovan Battista Nolli disegnò, nella metà del Settecento, la celebre Nuova topografia di Roma, si otterrebbero delle informazioni importanti. In questa specifica attività di rilievo si dovrebbero disegnare come dei pieni soltanto gli elementi vegetali, omettendo il costruito e le infrastrutture stradali. Il contenuto dell'articolo prova a restituire questa ideale condizione.