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ANDREA SCIASCIA

Valutazione della ricerca? Guerra tra bande e questione meridionale

Abstract

Leggere tutto d’un fiato gli esiti della giornata che il Dipartimento di Architettura di Palermo ha dedicato alla valutazione della ricerca non bibliometrica, consente una comprensione approfondita di alcune criticità dell’Università italiana. Tali difficoltà, a dire il vero, superano quelle prodotte dall’argomento centrale trattato nelle pagine precedenti. Anzi si potrebbe sostenere che la valutazione tout court riesce a proporre un ritratto più preciso della condizione odierna dimostrando come tutte le contraddizioni, sapientemente evidenziate dai docenti, sono poca cosa rispetto ad alcune patologie croniche che sopravvivono al trascorrere dei decenni, dei governi, delle riforme universitarie e dei ministri della ricerca scientifica. Infatti, con una certa ricorrenza negli scritti raccolti, tornano parole e frasi che ritraggono uno status quo che rinvia ad una immagine e a temi lontani da un’Università pensata come luogo della cultura, della ricerca e della formazione e ancora meno lasciano intravedere la funzione di “ascensore sociale” spesso attribuitole. Forse, "Ascensore per l’inferno", ricordando un film di qualche anno addietro. A proposito di rimandi cinematografici le parole utilizzate nelle diverse relazioni, sembrano ricordare l’epopea western e film come "Sfida all’Ok Corral" di John Sturges, "Sentieri selvaggi" di John Ford o, in alternativa, "Il grande paese" di William Wyler. Eserciti, piccoli gruppi o cavalieri solitari impegnati da sempre in scaramucce o in scontri aperti e che oggi utilizzano l’anonimato della peer review o la trasparenza dell’abilitazione scientifica nazionale come nuove armi nella guerriglia da combattere. In altri termini, anche la legge Gelmini e la politica dell’Anvur sono stati piegati dai caratteri strutturali dell’Accademia italiana, la quale dimostra, nei suoi difetti, di possedere una resilienza insuperabile, anzi una sostanziale indeformabilità.