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STEFANO PIAZZA

All’origine delle consulte: il rapporto tra teoria e prassi nel dibattito sulle cupole nell’Italia della prima età moderna (XVI-XVII secolo)

Abstract

Nell’ambito del dibattito architettonico svoltosi in Italia tra il XV e il XVI secolo, il tema della copertura della crociera nell’architettura ecclesiastica condusse alla progressiva affermazione della cupola estradossata su alto tamburo, intesa come l’elemento simbolicamente e formalmente più rilevante della nuova architettura e, allo stesso tempo, come il più complesso dal punto di vista strutturale. Lo studio qui esposto si è concentrato sul problematico rapporto tra la nuova teoria dell’architettura all’Antica e le coeve esperienze costruttive. Il dibattito teorico, almeno fino alla pubblicazione del trattato di Vincenzo Scamozzi nel 1615, non solo tese infatti a porsi con un sostanziale silenzio sulle nuove tipologie ed esigenze strutturali, ma dettò significative preclusioni culturali a scapito di consolidate prassi costruttive, quali l’uso dell’arco acuto, del tiburio e delle catene, fornendo non di rado modelli fuorvianti e, in alcuni casi, inverosimili. Sul fronte dei cantieri si assistette invece a un dibattito ben più vitale e alimentato soprattutto da tecnici in grado di coniugare le nuove istanze formali sia con tradizionali pratiche edificatorie che con soluzioni sperimentali. Costruire cupole e, più in generale, porre in equilibrio le forze spingenti continuò pertanto ad essere considerata un’arte sperimentale basata quasi integralmente sul lavoro svolto nei cantieri, gli unici luoghi dove, attraverso i successi e gli insuccessi, era possibile portare avanti e consolidare la sapienza costruttiva. Per tali complessi e delicati congegni architettonici un ruolo centrale ebbero pertanto gli exempla delle opere riuscite (che alimentarono una grande circolazione di idee) e le consulenze di coloro che avevano maturato esperienze nei processi costruttivi – spesso posti in contrapposizione dialettica attraverso consulte collettive indette dai committenti. Fu Carlo Fontana il primo architetto italiano a tentare di colmare questo evidente scollamento tra teoria e prassi, all’interno della sua ambiziosa opera Il tempio Vaticano e sua Origine (1694), riuscendo solo in parte nell’intento.