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PIERFRANCESCO PALAZZOTTO

Una cronistoria rivisitata: i preziosi stucchi sacri di Giacomo Serpotta a Palermo e il ruolo della committenza laica devota tra Sei e Settecento

Abstract

Il saggio pone in evidenza quello che, secondo l'autore, è una discriminante funzionale all'opera di Serpotta e che finora non era stata analiticamente presa in esame, cioè il ruolo della committenza per lo sviluppo della sua arte. La letteratura artistica relativa al maestro dello stucco palermitano, difatti, non aveva mai approfondito le relazioni con la committenza e se questa potesse avere avuto un ruolo rispetto alla fortuna dell'artista. La serrata rassegna cronologica delle sue opere, qui esposta, prendendo in esame tutta la documentazione edita finora punto per punto, dimostrerebbe che effettivamente non furono la Chiesa, intesa come istituzione secolare, o gli ordini religiosi, a sostenere l'artista fin dagli esordi, ma che questi ultimi (tranne qualche eccezione, come i Carmelitani nel 1684) fino ad un certo punto della sua carriera furono piuttosto indifferenti alle sue novità, formali e compositive. Diversamente, le associazioni confraternali (confraternite, congregazioni e compagnie, queste ultime proprio con gli oratori oggetto principale dell'opera) lo coinvolsero e gli offrirono l'opportunità di sperimentare il suo linguaggio che esplose progressivamente diffondendosi e riscuotendo un costante successo cui i religiosi, ma soprattutto le religiose, si accodarono solo alle soglie del '700. Dunque la fama di Serpotta e il suo avvio si dovrebbero non tanto alle istituzioni cattoliche ufficiali, ma ai laici devoti delle associazioni confraternali, certamente più pronti a comprendere e stimolare le sue innovative creazioni spesso apparentemente al limite dell'ortodossia controriformata. Così alla compagnia della Madonna del Deserto in San Mercurio si deve il quasi inspiegabile incarico ad un Giacomo giovanissimo nel 1678, cui seguì subito la prestigiosissima commissione della decorazione a stucco della molto aristocratica compagnia della Carità in San Bartolomeo. Se fino ad oggi gli studi hanno rimarcato e reiterato che da quell'incarico dovette discendere velocemente la fama di Serpotta (dimostrata anche dal modello per la statua equestre di Carlo II per Messina), forse mai nessuno aveva riflettuto sulle ragioni che potevano avere convinto i nobili confrati ad incaricare Giacomo e non altri già noti ed affermati scultori, che vengono ipotizzate nel testo. Di certo dopo S. Mercurio e la Carità, la commessa per l'oratorio di S. Cita, ancora da parte di un sodalizio laicale, diviene quasi consequenziale e ne sancisce la definitiva consacrazione che potrà solo crescere con le altre importanti e famosissime opere come San Lorenzo e il Rosario in S. Domenico.