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PIERFRANCESCO PALAZZOTTO

Techinque and Inspiration in the work of Giacomo Serpotta Master of Ornament

Abstract

Il saggio, elaborazione dell'intervento tenuto nel 2014 su invito al Collège de France di Parigi, ripercorre la carriera di Giacomo Serpotta, uno dei più importanti modellatori di stucco a livello europeo nel '700, a partire dalla sua formazione familiare e frutto della cultura locale, passando per il ruolo avuto dalle associazioni laicali a Palermo presso le quali intraprese l'attività, fino alla committenza dei religiosi locali. L'intervento ruota principalmente intorno alle possibili fonti di ispirazione del Serpotta, che si ritengono preminentemente romane, mettendo in evidenza alcune relazioni figurativamente sorprendenti con la cerchia degli scultori berniniani a Roma, tra cui l'Antonio Raggi della chiesa di S. Andrea al Quirinale, ma non solo, presenti fin dagli esordi nell'oratorio di S. Mercurio (1678). Ciò porta ancora indietro la cronologia finora generalmente diffusa che voleva riconoscere solo nella tarda maniera di Serpotta evidenti influenze delle forme e dei modi romani, rafforzando invece le teorie dell'autore del testo relativamente ad una compresenza di motivi locali e motivi marcatamente romani già nell'oratorio del SS. Rosario in S. Cita (dal 1686 circa) in rapporto a sculture funebri di S. Maria sopra Minerva, della Cappella Cornaro di S. Maria della Vittoria o ad altre praticamente coeve di S. Andrea della Valle. La questione del soggiorno romano di Serpotta viene dunque ripresa a partire dall'ipotesi di Corrado Ricci nel 1911 su un apprendistato proprio presso il Raggi, e riportando le diverse opinioni proposte dalla letteratura artistica e i periodi in cui, secondo le aggiornate e recentissime ricerche documentarie, non risulta menzionato in atti di notai palermitani. Per la prima volta si rimanda l'apparato della controfacciata del Rosario in S. Cita ad uno specifico apparato funebre palermitano per la morte di Filippo IV di Spagna. Proseguendo cronologicamente il percorso del maestro verso il classicismo barocco di stampo romano della fine del '600 e illustrando le acquisizioni relative alla tecnica da lui utilizzata, passando per l'oratorio di S. Lorenzo, nel quale si propone per le statue degli ignudi anche il riferimento al Carracci di Palazzo Farnese, si conclude con l'oratorio del Rosario in S. Domenico di cui si propone la connessione compositiva con la navata centrale della borrominesca S. Giovanni in Laterano e, infine, con la chiesa di S. Agostino il cui processo di rinnovamento delle antiche strutture, qui però ormai cancellato, corre parallelo in qualche modo a quello attuato dal Bernini a S. Maria del Popolo, ben presente, forse però tramite il Caffà della chiesa di Magnanapoli nell'Estasi di S. Monica.