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MANOELA PATTI

Note psicocriminologiche. La mafia tra antropologia criminale e psichiatria

Abstract

Nella riflessione intorno all’oggetto “mafia” l’intreccio tra campi del sapere diversi è stato, e continua a essere, indispensabile. Le definizioni della mafia si sono infatti storicamente prodotte all’intersezione tra politica, società e diritto. Da quale prospettiva, dunque, antropologi e psichiatri hanno considerato il comportamento mafioso e l’appartenenza al sodalizio mafioso, specie in relazione alla dimensione associativa?Dall’età liberale al fascismo, la mafia è stata considerata alla stregua di una evidenza antropologica, determinata da ambiente e contesto, se non da “atavismo”? O invece è stata considerata una manifestazione criminale, punibile in quanto tale, e nei tribunali si è fatto a meno delle categorie psico-antropologiche elaborate dalla scuola positiva? Il saggio si focalizza sulla definizione del fenomeno mafioso e della “mafiosità” durante il fascismo, uno dei momenti in cui la “questione mafiosa” torna con forza nel discorso pubblico. In particolare, prende in considerazione il contributo di psichiatri-antropologi criminali della scuola siciliana durante il fascismo e nei primi anni del dopoguerra.