Skip to main content
Passa alla visualizzazione normale.

FRANCESCA PIAZZA

Parlare alla pancia. Sulla falsa dicotomia tra emozioni e ragioni

Abstract

Nell’attuale dibattito sul tema della post-verità le emozioni sono generalmente pensate in contrapposizione o ai ‘fatti’ o alle ‘ragioni’. Tale contrapposizione sottintende una forte svalutazione della sfera emotiva, percepita come sostanzialmente ‘irrazionale’ e pertanto pericolosa. L'articolo intende mostrare l’inadeguatezza di questa idea facendo ricorso all' apparato concettuale della Retorica di Aristotele. Il limite principale della dicotomia emozioni/ragioni consiste nel non tenere nel debito conto il fatto che l’azione umana (cui il discorso persuasivo in ultima istanza mira) non può mai prescindere dalla componente del desiderio, che è invece centrale nella prospettiva aristotelica. In questa prospettiva, il ricorso all’appello emotivo nel discorso con finalità persuasive non solo non ha niente di “irrazionale”, ma non va inteso nemmeno come un ripiego necessario dinanzi ad interlocutori dalle ridotte capacità cognitive. È, al contrario, una condizione ineliminabile di un discorso che voglia davvero aver presa sull’ascoltatore. Se ciò è vero in generale, lo è a maggior ragione nei i casi in cui ad essere in gioco sono questioni che riguardano la salute, e quindi la vita stessa dell’individuo coinvolto. Non si tratta dunque di ipotizzare — anche solo come ideale regolativo — un discorso del tutto privo di tonalità emotiva, fatto solo di argomenti ‘razionali’ e appello ai ‘fatti’ (e, per ciò stesso, garanzia di ‘verità’) ma di domandarsi quali emozioni siano più pertinenti rispetto agli argomenti in gioco e più capaci, eventualmente, di motivare l’ascoltatore in modo da renderlo parte attiva del processo persuasivo. Questo significa che identificare la parola corrotta e manipolativa con quella emotiva non ci aiuta davvero a capire come affrontare questioni così urgenti come la perdita di fiducia negli esperti o il successo delle ideologie anti-scientifiche. La sfida è piuttosto quella di provare a comprendere che anche la "pancia" ha le sue ragioni e che dobbiamo imparare ad ascoltarle.