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ARMANDO PLAIA

La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell’Unione: la Corte di Giustizia UE apre al risarcimento per i docenti che abbiano svolto supplenze annuali per la copertura di posti vacanti

Abstract

La Corte di Giustizia UE con sentenza 26 novembre 2014, cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13, C-418/13, Mascolo, ha ritenuto che la normativa europea sul lavoro a tempo determinato, applicabile anche al settore pubblico della scuola (casi Rosado Santana, Marrosu Sardino e Adelener), osta ad un sistema di assunzione per svolgere “supplenze annuali” nelle scuole pubbliche che non prevede almeno una delle seguenti “misure di prevenzione”: l’indicazione delle “ragioni oggettive” che giustificano il rinnovo dei contratti; la determinazione della “durata massima totale dei contratti” o del “numero dei loro rinnovi”, in assenza peraltro di una misura sanzionatoria proporzionata, effettiva e dissuasiva, da applicarsi in caso di utilizzo abusivo di successione di contratti a tempo determinato (clausola 5 dell’accordo quadro 18 marzo 1999 allegato dir. 1999/70/CE). Sebbene dunque il settore dell’insegnamento implichi inevitabilmente una certa “flessibilità”, e la normativa europea non enunci un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la sanzione della trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato (CGUE 3 luglio 2014, Fiamingo, causa C-362/13), la normativa italiana non prevede misure atte a “prevenire” o “sanzionare” l’utilizzo abusivo di successione di contratti a tempo determinato.