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ANTONIETTA PROVENZA

Di madre in figlio: fuoco, punizione e riti nella Pitica III di Pindaro

Abstract

Argomento dell’articolo sono i miti di Coronide e del figlio Asclepio nella Pitica 3 di Pindaro, in cui l’immagine del fuoco assume particolare rilievo in relazione ad entrambi. Asclepio è sottratto dal padre, Apollo, al corpo della madre che brucia sulla pira funeraria, e colpito dal fulmine di Zeus dopo aver cercato di riportare in vita un morto: il ciclo della sua esistenza – precedente alla divinizzazione – sembra pertanto replicare quello di Coronide, che si unisce ad un mortale mentre porta in grembo il figlio di Apollo, ed infrange la legge umana che prescrive i riti nuziali. Apollo causa quindi la sua morte attraverso l’intervento della sorella Artemide, che è detta θύοισα (‘furente’), con riferimento al ruolo di Dioniso a Delfi. La vicenda di Coronide è contrassegnata dall’immagine del fuoco, nella duplice accezione di fiamma che punisce ed annienta, e di luce che risplende evocando la divinità, ed illuminando i riti da lei negletti. Al contrario, per quanti rispettano gli dèi, consapevoli dei limiti della condizione umana, fuoco e luce evocano gli dèi e i doni che essi concedono agli uomini, come mostrano i riti dionisiaci e il mito di Dioniso, che offrono a Ierone, destinatario dell’ode, la speranza di continuare a vivere nella memoria dei posteri, grazie alla sua partecipazione ai Misteri.