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MATTEO MESCHIARI

Sistemi selvaggi. Antropologia del paesaggio scritto

Abstract

Che cos’è il paesaggio? Fu Petrarca a «inventarlo» salendo in cima al Monte Ventoso, o sono stati il Rinascimento e la pittura fiamminga a distillarne l’idea, molto prima che il XX secolo lo consegnasse al nuovo millennio come testimone di una crisi epistemologica? Filosofia e geologia, ecologia e architettura, arte e diritto, geografia e geopolitica, semiotica e antropologia si interessano al paesaggio come se si trattasse di un crocevia intellettuale ineludibile, un passaggio obbligato nella riflessione sulla moder- nità. Ma se invece di essere un prodotto culturale recente il paesaggio fosse una modalità arcaica del pensiero? L’antropologia del paesaggio sta avanzando in questa direzione qualche timida ipotesi, ma quello che manca è uno sguardo a volo d’uccello per gettare un ponte tra passato remoto e dinamiche contemporanee, tra scienza e arte, tra mente e corpo, tra natura e cultura. Esplorando il paesaggio scritto, cioè lo spazio reale che diventa spazio verbale, questo libro getta le basi per una «scienza nuova» del paesaggio. Tra antropologia filologica e anatomia dell’immaginario, l’analisi dei temi e dei testi si sviluppa come un periplo irregolare in un arcipelago complesso: più che una serie di risposte è la ricerca di un belvedere intellettuale per ripensare la mappa dei saperi.