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ANTONELLA MANDRUZZATO

Postea ingressi sunt, ut etiam aedificiorum figuras imitarentur. A proposito di una parete dipinta dalla Casa dell'Attore tragico a Sabratha

Abstract

Nell’ambito della ricerca sull’edilizia privata di Sabratha sono in corso di pubblicazione le pitture parietali recuperate in frammenti durante lo scavo di due case, quella di Leda e quella dell’Attore tragico. Tale iniziativa, nata dalla valutazione dell’interesse documentario, della varietà e, in alcuni casi, della qualità dei dipinti, si propone di rivederne collocazione e cronologia nel quadro della produzione pittorica parietale della Tripolitania romana, tenendo conto delle novità emerse dalla pubblicazione di contesti inediti, che consigliano di riconsiderarne l’analisi stilistica, e di cercare di recuperare, ove possibile, il rapporto con le fasi di vita delle abitazioni, attraverso la revisione delle strutture, affiancata da saggi stratigrafici, e la rilettura dei vecchi scavi, nei limiti concessi dalla scarna documentazione d’archivio. Questo articolo si occupa delle pitture di una delle pareti della “Casa dell’Attore tragico”, attualmente esposta nel locale Museo archeologico; essa è stata presentata per la prima volta da Salvatore Aurigemma, nel suo noto volume sulla pittura in Tripolitania, dove grande rilievo è stato dato alla descrizione, ma poco spazio è stato concesso alla valutazione critica e alla possibile cronologia del monumento. La “Casa dell’Attore tragico” corrisponde ad una unità abitativa situata nella fascia settentrionale dell’insula 3 della Regio V, che fa parte, con la limitrofa Regio IV, dell’area residenziale pianificata nel corso del II sec. d.C. a Nord e a Ovest del teatro di Sabratha, caratterizzata dalla presenza di abitazioni di pregio (tra cui due case a peristilio), di una terma e di un imponente edificio templare dedicato ad Ercole. Dal “Quartiere del Teatro” provengono non pochi documenti pittorici – tra cui il ciclo commissionato per rivestire le absidi della fase commodiana del tempio – che abbracciano un intervallo cronologico piuttosto ampio, documentando l’attività dei pictores sabratensi fino al IV secolo. Le pitture parietali della Casa dell’Attore tragico, rinvenute in frammenti durante lo scavo dell’insula negli anni ’30, sono state restaurate pochi anni dopo, consentendo la ricomposizione parziale di tre pareti, non collegabili tra loro. Sulla base della sola documentazione di scavo, il tentativo di istituire un collegamento tra i frammenti pittorici e le fasi di vita della casa non garantisce risultati apprezzabili. Nella parete da noi presa in esame, nella quale è chiaramente scandita la tripartizione verticale - con i due campi laterali, costituiti dagli avancorpi colonnati, che affiancano per tutta la sua altezza il campo centrale - i registri orizzontali comprendono un alto zoccolo a campi quadrangolari alternati a nicchie sulla fronte al di sopra del plinto monocromo; un grande quadro centrale affiancato da pannelli, sopra i quali la parete si apre su scorci architettonici; un’articolata trabeazione che conclude gli edifici raffigurati. Proprio le caratteristiche del sistema decorativo della parete, gli elementi che ne costituiscono l’ornato e l’effetto affidato ai colori, vivaci e contrastanti, ci hanno indotto a collocare il nostro dipinto in quella corrente affermatasi durante il medio impero nella pittura provinciale, che accoglie, rielaborandoli, stili diversi. Tali considerazioni, non contraddette dai pochi elementi deducibili dalle condizioni del rinvenimento, ci hanno portato a collocare l’esecuzione dell’ornato parietale negli ultimi decenni del II, o al più tardi agli inizi del III sec.d.C., periodo collegabile assai probabilmente con la prima fase di vita della dimora; restano invece del tutto oscure le circostanze della sua dismissione, in assenza di elementi estrinseci e di notizie utili nelle relazioni di scavo. L’articolo prende in esame anche il problema delle maestranze, giungendo a concludere che, se pure il modello può essere ricondotto alla trad