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MARIANNA LAURICELLA

Biochimica delle cellule tumorali

Abstract

Con il termine cancro (o tumori) si indica un insieme di patologie nelle quali le cellule hanno perso i normali meccanismi di controllo della crescita. Queste cellule, che proliferano in modo incontrollato, generano masse che alterano la struttura e il funzionamento del tessuto o dell’organo in cui si trovano, invadono i tessuti circostanti e, entrando nel flusso sanguigno e linfatico, si diffondono generando nuovi tumori. E’ ormai assodato che il cancro è il risultato di alterazioni genetiche ed epigenetiche che portano alla modifica dell’espressione e della funzione di geni che regolano la crescita e la sopravvivenza cellulare e che possono esser trasmesse per via ereditaria. L’esposizione ad agenti di diversa natura come contaminanti ambientali, quali policloro bifenili o metalli pesanti; cancerogeni chimici che alterano il DNA; il fumo di sigaretta; la luce ultravioletta; la presenza di agenti virali e gli effetti a lungo termine di uno stile alimentare non ben bilanciato; possono indurre lo sviluppo di alterazioni del profilo genico e favorire, pertanto, l’insorgenza della patologia cancerosa. Diverse evidenze sperimentali indicano che un tumore può impiegare anche decenni per svilupparsi e raggiungere gli stadi più aggressivi. La progressione tumorale, dunque, è un processo graduale che evolve grazie all’acquisizione successiva di mutazioni geniche che conferiscono alle cellule la capacità di sopravvivere nel microambiente tumorale e di progredire verso stadi di maggiore malignità. La progressione sembra seguire le stesse leggi della evoluzione delle specie Darwiniana (Figura 1). In una popolazione tumorale le cellule possono acquisire mutazioni differenti che determinano la presenza di sotto-popolazioni di cellule con un patrimonio genetico leggermente diverso tra loro e dalle cellule normali da cui si sono originate. Certi genotipi mutanti possono conferire un vantaggio di crescita selettivo ad alcuni subcloni cellulari favorendo la loro proliferazione e l’eventuale dominanza nel microambiente. Ad esempio, alcune mutazioni possono conferire alle cellule la capacità di dividersi più velocemente rispetto alle cellule normali oppure di sopravvivere anche in condizioni critiche, come la scarsità di nutrienti. La progressione tumorale è pertanto il risultato di un processo adattativo, dove è avvantaggiato il clone di cellule che si adegua meglio alle condizioni ambientali. Fintanto che le cellule tumorali rimangono raggruppate in un’unica massa nella loro posizione originale, i tumori sono considerati benigni; quando, invece, le cellule acquisiscono la capacità di invadere il tessuto circostante acquisiscono carattere maligno. L’invasività implica di solito la possibilità di evadere, di entrare nel flusso sanguigno o nei vasi linfatici e di formare tumori secondari o metastasi in altre parti del corpo distanti rispetto alla sede di origine. Il cancro si classifica sulla base del tipo di tessuto o di cellula da cui deriva. Col termine di carcinomi si indicano quei tumori che derivano da cellule epiteliali che coprono la superficie della nostra pelle e gli organi interni. Essi sono le forme tumorali più frequenti. I sarcomi, invece, derivano da cellule del tessuto muscolare o connettivo, mentre leucemie e linfomi derivano da cellule ematopoietiche o del sistema immunitario. Col termine di gliomi, neuroblastomi e retinoblastomi, infine, si intendono tumori derivati da cellule del sistema nervoso.