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ANTONIO LAVIERI

Tradursi fra le lingue. Il plurilinguismo in prima persona

Abstract

Il plurilinguismo è davvero il segno distintivo della cultura europea? Come si è trasformato il ruolo delle discipline linguistiche all'interno della formazione universitaria? E che rapporto può esistere tra formazione linguistica - umanistica, letteraria - e mercato del lavoro in un un momento in cui l'idea di cultura somiglia sempre di più a una cucina componibile Ikea? E in cui il senso di "Comunità europea" si riduce spesso a quello di "Unione economica e monetaria"... Le lingue sono sempre lingue-culture, e costituiscono l'esperienza cognitiva par excellence di un soggetto che sperimenta la realtà nel linguaggio e attraverso il linguaggio. Al di là del principio di equieffabilità delle lingue, su cui ormai tutti i linguisti concordano, non esistono due lingue-culture identiche come non esistono due parole perfettamente sinonimiche. Lo strabismo concettuale dell'homo oeconomicus continua a trionfare con miraggi seducenti che confondono tecnocrazia e professionalità, memoria culturale e anacronismo, l'ingegno del pensiero col marketing aziendale. Il plurilinguismo può invece costituire il laboratorio di una diversità linguistico-culturale condivisa, in cui la comunità accademica contribuisce a formare un soggetto che pensa, parla e si traduce il mondo e al mondo con la consapevolezza che per ogni lingua che si parla si possiede un'anima in più.