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GIULIO GERBINO

Palermo e la sua area metropolitana: vicende urbanistiche e sociali dal 1860 a oggi

Abstract

In Sicilia, come quasi ovunque in Italia, le città hanno origini assai antiche. Qui tuttavia non si tratta di un’esperienza urbana riconducibile all’industrializzazione, ma di una dinamica spiegabile in base al modello della concentrazione insediativa, che evidenzia come siano assai eterogenee le funzioni delle città siciliane: più luogo di mero consumo delle rendite agrarie che di condensazione di specializzazioni commerciali e finanziarie, più di simbolizzazione del comando – politico e religioso – e del prestigio aristocratico che di egemonia e direzionalità economica e culturale sull’hinterland rurale. Ciò si ricollega alla creazione e al consolidato permanere dei grandi latifondi fino alla riforma agraria del secondo dopoguerra, quando prendono corpo processi di massiccio inurbamento verso le città capoluogo, e soprattutto verso Palermo, Catania, Messina. Anche per città come Palermo, il concetto chiave è quello di sovraurbanizzazione: la città è cresciuta non in funzione dell’incremento della domanda di lavoro ma più che altro a causa di forti processi di espulsione di forza lavoro dalle campagne circostanti, nelle quali il reddito e le opportunità di innovazione sono inferiori rispetto alla città. L’articolo ripercorre le vicende urbanistiche di Palermo dal 1860 a oggi, nel loro intreccio con le trasformazioni della sua composizione sociale, delle relazioni tra ceti, della rappresentanza e del governo politico: la fase preunitaria, il periodo 1860-1925 con le prime significative espansioni della città al di fuori delle mura storiche e il primo piano urbanistico con parziali sventramenti del centro storico, il ventennio fascista e il primo vero e proprio piano regolatore, la seconda guerra mondiale, dal dopoguerra agli anni ’60 (piano regolatore e dilagante speculazione edilizia), il varo del piano di recupero del centro storico (1993) fino all’ultima revisione del piano regolatore (2002).