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GIROLAMO GAROFALO

Gli Arbëreshë di Sicilia. Identità storica e pratiche musicali paraliturgiche

Abstract

Nell’ambito della tradizione musicale degli Albanesi di Sicilia, oltre ai canti liturgici bizantini (settore di studi su cui l’autore ha dedicato negli ultimi decenni numerose ricerche e numerose pubblicazioni), anche i repertori musicali devozionali e paraliturgici costituiscono un patrimonio ampio e di rilevante interesse. Nei paesi dell’Eparchia di Piana degli Albanesi, in corrispondenza delle varie ricorrenze dell’anno, si svolgono infatti innumerevoli celebrazioni devozionali e paraliturgiche (novene, rosari, tridui, “mesi”), in cui segni della tradizione orientale si intrecciano a pratiche di origine occidentale, testi in arbëresh o in dialetto siciliano si avvicendano a componimenti in greco o in latino, melodie di antiche ascendenze si alternano a canti di più recente origine. Queste forme celebrative, sebbene estranee alla ritualità di impianto greco-bizantino, si sono progressivamente introdotte già nei secoli passati per influsso dell’adstrato culturale popolare siciliano. In molti casi i testi dei canti risultano essere traduzioni in albanese di preesistenti canti tradizionali in dialetto provenienti dai paesi “latini” adiacenti. Complessivamente, questo repertorio evidenzia il carattere conservativo della cultura della minoranza arbëreshe, poiché se molto spesso pressoché in tutta la Sicilia questi canti risultano ormai caduti nell’oblio, nei paesi siculo-albanesi essi continuano invece a essere tramandati nella versione arbëreshe. In tale vasto e multiforme panorama, meritano una particolare attenzione specialmente i repertori musicali connessi alle novene e ai rosari. Nel ricco e variegato quadro dei repertori musicali paraliturgici degli Arbëreshë di Sicilia, il “Canto della Resurrezione di Lazzaro” (che costituisce l’argomento centrale del volume di cui questo saggio costituisce l’introduzione) occupa un posto a se stante e di assoluto rilievo per diverse ragioni. Fra queste ragioni ne vanno soprattutto evidenziate almeno due. La prima ragione è che si tratta della tradizione musicale popolare devozionale che più di tutte le altre conserva i tratti di un’origine orientale, particolarmente in connessione con il mondo bizantino-ortodosso, soprattutto in riferimento al contesto celebrativo – sia liturgico sia folklorico – in cui il canto viene eseguito (una questua rituale cantata che si svolge la sera e la notte del cosiddetto “Venerdì di Lazzaro”, cioè il venerdì che precede la Domenica delle Palme). La seconda ragione è che si tratta di una tradizione praticata in tutti e cinque i paesi dell’Eparchia (ogni paese, però, possiede una propria variante testuale-musicale), peraltro vissuta ancora oggi in maniera straordinariamente vitale e partecipata.