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GAETANO GUCCIARDO

Diseguaglianza e capitale sociale nel Mezzogiorno

Abstract

La letteratura sul capitale sociale ha molto insistito sulla minor dotazione delle regioni meridionali del capitale sociale come bene pubblico documentando questo dato attraverso numerosi indicatori e contribuendo così a leggere con lenti nuove i divari territoriali italiani. Per capitale sociale pubblico si deve intendere la propensione ad agire nel rispetto di norme di reciprocità e senso di obbligazione allargati alle relazioni impersonali, la cui condizione è un diffuso sentimento di fiducia verso gli estranei. È questa forma specifica di capitale sociale che è deficitaria e che, d'altra parte, viene indicata come strategica per il benessere di una società e per le sue possibilità di sviluppo. Ma quali sono i fattori generativi di questo specifico divario? Cosa c'è alla base della carenza di capitale sociale del Mezzogiorno? E, specularmente, quali sono le condizioni che favoriscono la formazione di capitale sociale? Senza dubbio agiscono fattori di lunga durata e molto, a suo tempo, fece discutere la tesi di Robert Putnam sulle tradizioni civiche delle regioni italiane per la quale la diversa dotazione di capitale sociale delle realtà locali era da ricondursi all'Italia dei Comuni e i mali del Sud avrebbero avuto la propria origine nella repressione della vita comunale meridionale operata da Federico II nel XIII secolo. Però, oltre ai fattori storici c'è da interrogarsi su quali specifiche configurazioni delle relazioni sociali presenti generino questa carenza. Nel nostro intervento adduciamo alcune evidenze a sostegno della tesi che la carenza di capitale sociale è da ricondurre alla maggiore incidenza delle diseguaglianze sociali nelle regioni del Sud. Storicamente il profilo della stratificazione sociale della società meridionale si è caratterizzato per una più pronunciata polarizzazione sociale, per la debolezza, non solo quantitativa, della classe media sia urbana sia rurale e per una maggiore incidenza della disoccupazione e della povertà relativa ed assoluta. Questi elementi sono tutt'ora ampiamente presenti nella società meridionale e ne distinguono il profilo della stratificazione. Esse agiscono sulla qualità delle relazioni sociali e sulla disposizione degli individui alla cooperazione allargata e alla fiducia generalizzata. Maggiore è la distanza sociale fra gli individui, per effetto delle diseguaglianze, minore è il capitale sociale perché ci si fida di meno e, conseguentemente, sono più deboli le norme di reciprocità e di obbligazione allargata, c'è minore disponibilità a cooperare e minore disponibilità alla lealtà astratta, sono meno frequenti le manifestazioni delle forme civiche e democratiche di impegno e partecipazione: l'associazionismo, il volontariato, la partecipazione politica non particolaristica. Gli studi hanno confermato che esiste una forte relazione fra le diseguaglianze, misurate attraverso il coefficiente di Gini, e la fiducia generalizzata. Su scala internazionale, nei paesi dove le diseguaglianze sono maggiori è minore il capitale sociale inteso come fiducia generalizzata. Abbiamo trovato conferma statistica di questa relazione anche in relazione ai divari territoriali italiani: le aree dove sono più accentuate le diseguaglianze sono anche quelle con minor dotazione di capitale sociale. Gli indicatori di capitale sociale che approssimano questa dimensione mostrano una forte correlazione con la misura più prossima della diseguaglianza, cioè il coefficiente di Gini, ma anche con altre sue componenti. La messa a fuoco del legame fra capitale sociale e diseguaglianza è un elemento di una prospettiva di ricerca che si muova verso l'individuazione delle condizioni sociali strutturali che agevolano la formazione di capitale sociale. È, a nostro parere, una prospettiva di ricerca promettente anche per offrire spunti per rinnovare le politiche volte alla promozione del capitale sociale come risorsa strategica per lo sviluppo del Mezzogiorno.