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GIUSEPPE DI BENEDETTO

L’insondabile bellezza del “silenzio” nei paesaggi del domani

Abstract

Il contributo intende affrontare il tema del rapporto tra architettura e natura attraverso il ruolo strutturante che il paesaggio antropizzato svolge per quel tipo di progetto che fonda la sua essenza costitutiva sulla dimensione fisica e trascendente dei luoghi, nel senso della nozione kantiana di Stimmung. Una nozione sussunta all'interno di una condizione più ampia di tonalità emozionale che pervade il paesaggio inteso come scopo principale dell'architettura. Ovvero l'area privilegiata della riflessione teorica, della ricerca della poiesis, intesa come actio transiens, e della práxis, intesa come processo operativo che trova il senso del suo sviluppo all'interno dell'azione progettuale stessa. Pertanto, la natura e il paesaggio, che la costituisce, diventano il "materiale fondante" da cui scaturiscono i valori insiti nell'architettura. Partendo da queste considerazioni generali, si intende evidenziare, anche attraverso il riferimento a casi studio emblematici, le modalità con cui il progetto rintraccia le sue ragioni, i principi che lo generano nell'impronta artificiale dei luoghi della natura, cercando di stabilire, con quest'ultimo, un rapporto sodale e osmotico. Un rapporto che, però, non nasconde la condizione di ogni gesto progettuale da intendersi come atto culturale posto di fronte alla natura stessa nel suo stato naturale. Attraverso alcune riflessioni teoriche si intende sottolineare l'importanza del dibattito suscitato, soprattutto nella cultura architettonica italiana, dall'interpretazione del paesaggio come scopo primario dell'architettura. Si farà così riferimento ad un eidos architettonico generato secondo l'identità dei luoghi e riferito alla più alta armonia della scena naturale plasmata dall'azione umana, rinnovando relazioni archetipiche e originarie, cariche del senso profondo del mithos. Un'idea che può realizzarsi solo attraverso la ricerca dell'insondabile bellezza del silenzio.