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ALESSANDRA DINO

Serve la verità per restituire senso ai riti della nostra memoria

Abstract

Le deludenti conclusioni del processo per la mancata perquisizione del covo di Riina, lasciano ancora ampio spazio alla ricostruzione storica di quella vicenda che – diversamente da quanto si vuol far credere – fornisce più di una prova del fatto che, in quella circostanza, arcana imperii di altissimo livello hanno operato e deciso contro le regole della democrazia. Qualcuno obietterà che il codice penale ha ormai chiuso quell’indecoroso capitolo di storia giudiziaria. Quel che è vero per il diritto, non lo è necessariamente per la riflessione storica o sociologica che dispongono di altri strumenti d’indagine ben più penetranti ed estesi, attraverso cui possiamo ancora mantenere viva la speranza di approfondire fatti e circostanze. Resta da chiarire – ad esempio – che fine abbia fatto l’agenda rossa di Paolo Borsellino e perché non siano state debitamente approfondite le stridenti contraddizioni in cui sono incorsi testi più o meno autorevoli nel corso delle indagini per ritrovarla. Restano da chiarire le dichiarazioni di tanti collaboratori di giustizia che, in numerosi eventi processuali, accennano ripetutamente a presenze esterne a Cosa Nostra coinvolte negli eccidi. Restano da spiegare le tracce di un DNA femminile sull’autostrada che passa per Capaci e, ancora, resta da spiegare il ruolo di una donna nella coeva strage di via Palestro.